Musica Arbereshe in Basilicata – Tradizioni by Libreria Aiace

Basilicata: Musica Arbereshe

San Costantino Albanese conserva ancora oggi, a distanza di circa cinque secoli dalla sua fondazione, gli usi, i costumi, le tradizioni, la lingua e il rito religioso della terra d’origine. Per mantenere queste peculiarita’, fondamentali per l’identita’ di un popolo e per non essere sottomessi all’impero Ottomano, gli albanesi decisero di scegliere una nuova terra dove vivere e conservare la loro cultura e le loro tradizioni, mantenendole nel tempo; questa nuova terra è stata ed è l’Italia meridionale.
A San Costantino Albanese si parla quotidianamente l’antica lingua albanese, tramandata oralmente. Nel 1908 l’alfabeto albanese venne codificato grazie anche all’aiuto di letterati italo-albanesi. La conservazione della lingua è dovuta in parte anche all’appartenenza alla diocesi Italo-Albanese di Lungro (CS) e al rito Greco-Bizantino con il quale si celebra la messa, officiata in lingua albanese. La celebrazione del matrimonio, ricca di simbologia e fascino orientale, il battesimo, durante il quale viene impartita anche la cresima e la prima comunione, il ricordo dei defunti, che dura una settimana, a febbraio, con la distribuzione del grano cotto e tutte le altre feste, rendono il nostro rito unico, un patrimonio da conservare e valorizzare insieme a tutti gli altri elementi che caratterizzano la nostra comunita’.
Il nostro paese è da considerarsi vivo dal punto di vista culturale. Sono presenti gruppi che fanno rivivere le antiche musiche, gli antichi canti, le danze e il folklore arbëresh e svolgono le proprie manifestazioni sia in Italia che all’estero. Importante è la produzione musicale e bibliografica.
Altro importante e caratterizzante elemento della nostra cultura sono gli antichi e preziosissimi abiti tradizionali, riccamente ricamati con filigrana d’oro e d’argento.
A San Costantino Albanese, durante le celebrazioni della Festa della Madonna della Stella, viene proposto uno spettacolo unico in Italia: l’accensione dei “Nusazit”, pupazzi in cartapesta. I pupazzi antropomorfi di cartapesta sono costruiti con opportune intelaiature (armaxhi) di legno, e sono poi vestiti con i costumi raffiguranti elementi del folclore locale. Tali pupazzi sono riempiti opportunamente con polvere pirica e razzi al fine di generare un moto (in alcuni rotatorio intorno al proprio asse in altri di altro tipo) che si conclude per ognuno di essi con la detonazione finale.
Si tratta di pupazzi a grandezza naturale che raffigurano i seguenti personaggi: una donna (nusja), un pastore (Kapjel picut), due fabbri (furxharet) e il diavolo (djallthi). La valorizzazione delle nostre tradizioni e la grande volonta’ di conservare le importanti peculiarita’ esistenti, sono prioritarie e l’Amministrazione Comunale, coadiuvata dalle associazioni culturali, si adopera affinche’ il nostro importante patrimonio non vada disperso. ( Tratto da Regione Basilicata )

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La libreria Aiace di via Ugo Ojetti 36, Roma, è un punto speciale per i lettori e le lettrici di Roma. Ci potete trovare saggi, romanzi, riviste, raccolte di poesie a prezzi incredibili, perché la caratteristica comune a tutti questi libri è che sono usati. Nessun imbarazzo, quindi: aprendo a caso una pagina o iniziando a divorare il testo non si ha la sensazione di profanare qualcosa di sacro che andrebbe conservato così com’è, bianco, immacolato e senza orecchie laterali. Qualcuno prima di voi ha già letto quel libro e lo ha già arricchito di quella patina antica che lo rende così prezioso.

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Libreria Aiace Roma Montesacro: Fiabe Italiane di Italo Calvino

 

Fiabe Italiane

Fiabe italiane è una raccolta di fiabe italiane di Italo Calvino uscita nel 1956 nella collana I millenni di Einaudi. Il titolo completo dell’opera, che ne chiarisce la natura, è Fiabe italiane raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti da Italo Calvino.

Alcune fiabe non sono altro che versioni regionali di opere ormai divenute dei classici della letteratura per l’infanzia: La Bella e la Bestia ( Bellinda e il Mostro ), I tre porcellini ( Le tre casette, Le ochine ), Barbablù ( Il naso d’argento, Le tre raccoglitrici di cicorie ), Cappuccetto Rosso ( La finta nonna, Zio Lupo ), Cenerentola ( Grattula Beddattula ), Biancaneve ( La Bella Venezia ), La bella addormentata ( La bella addormentata e i suoi figli ), Pollicino ( Cecino ).

Altre fiabe sono la rivisitazione di miti, come quello di Danae, di Perseo ( con la Medusa e le Graie ), di Ulisse e Polifemo.

Alcuni motivi ricorrono in queste fiabe, alcuni più sporadicamente, altri più frequentemente. Ad esempio: sorella che salva i fratelli mutati in bestie; oggetti magici che fanno realizzare i desideri;
perdita delle ricchezze magicamente guadagnate; vergogna del padre di avere solo figlie femmine;
nozze combinate con esseri immondi o bestie; doni fatati nascosti in noci, nocciole e mandorle.

I più ricorrenti sono: punizione finale del traditore, svelato l’intrigo, con un rogo, subito indossando una camicia di pece; lieto fine con matrimoni, spesso con figli di re, attesi o inaspettati.

Altri motivi che ricorrono sono: il giovane calato nel pozzo per liberare la principessa, e abbandonato; il pappagallo che raccontando storie salva la castità d’una fanciulla; il cibo insapore dato al padre che aveva criticato dei commenti sul sale della figlia; l’eroe che si aiuta con solo la forza delle sue braccia; il figlio dell’orco o un cavallo ( o cavallina ) che aiuta a superare delle prove; l’alloppiatura della bevanda come narcotico, escamotage per impedire a un personaggio osteggiato che impedisca gli intrighi o le fughe di chi lo mette in difficoltà. ( Wikipedia )

Libri & Letture

 

LIBRO: Il MedioEvo e le sue Fonti di Ludovico Gatto

LUDOVICO GATTO, IL MEDIOEVO E LE SUE FONTI

Ludovico Gatto, laureatosi in lettere alla Sapienza di Roma nel 1952, con una tesi di storia su papa Gregorio X di cui fu relatore Raffaello Morghen, ha insegnato storia medievale nelle università di Chieti, Catania e, come docente ordinario, dal 1981 nell’ateneo romano.

E’ autore, fra l’altro, di L’atelier del medievista, Viaggio intorno al concetto di Medioevo. Con la Newton Compton ha pubblicato: La grande storia del Medioevo, Le grandi donne del Medioevo, Storia di Roma nel Medioevo, Gli imperi del Medioevo e Il Medioevo giorno per giorno.

Medio Evo

Il Medioevo è stato finalmente riconosciuto come una fase storica fondamentale, ricca di cambiamenti e di vivaci sviluppi in tutti i campi. I secoli che vanno dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente all’alba del Rinascimento hanno visto nascere infatti, in una vastissima area che si estende dalla punta più settentrionale delle Isole Britanniche fino alle steppe dell’Asia centrale, movimenti e idee da cui ha preso origine il mondo moderno. Il volume, scritto da uno dei medievalisti più autorevoli, narra tutti gli eventi, i personaggi e le leggende della Media Aetas.

Il Medioevo è una delle quattro grandi età storiche ( antica, medievale, moderna e contemporanea ) in cui viene tradizionalmente suddivisa la storia dell’Europa nella storiografia moderna. Comprende il periodo dal V secolo al XV secolo. Segue la Caduta dell’Impero romano d’Occidente nel 476 d.C. e precede l’Età moderna. Il termine “Medioevo” compare per la prima volta nel XV secolo in latino e riflette l’opinione dei contemporanei, per cui tale periodo avrebbe rappresentato una deviazione dalla cultura classica, in opposizione al Rinascimento.

Medioevo, da una nuova fase di accentramento dei poteri a livello nazionale. Cruciale in questa organizzazione fu la struttura feudale che, se da un lato permetteva una certa stabilità grazie all’organizzazione continentale del sistema, non fu mai sufficientemente forte da togliere completamente autonomia alle realtà locali, che così poterono gestire la transizione tra l’uniformità dell’Impero romano e la nascita degli stati nazionali.

Contemporaneamente allo sforzo per la creazione di stati nazionali, nell’Italia centrosettentrionale e in alcuni centri commerciali d’Europa si assiste invece all’emancipazione dall’Impero romano tramite i Comuni, città o paesi indipendenti, a regime repubblicano, che si contrappongono al concetto in formazione di monarchia nazionale, sino alla loro trasformazione, in Italia, in signorie cittadine e poi in stati regionali, ambienti in cui sorgerà il Rinascimento. Una realtà in grado di dare uniformità al panorama europeo fu la comune radice religiosa basata sul Cristianesimo, ereditata dall’ultimo periodo romano e proseguita fino all’XI secolo con la separazione della Chiesa ortodossa dalla Chiesa cattolica nel 1054. Questa radice comune portò da un lato a una commistione tra potere temporale e religioso che permise dei momenti di identità come nel caso delle crociate e persistette, non senza conflitti, anche oltre la Riforma protestante.

In ambito filosofico, il Medioevo si caratterizza per una grande fiducia nella ragione umana, che si esprime nella corrente della scolastica, il cui maggior esponente è Tommaso d’Aquino. La crisi di questa corrente filosofica, nel XIV secolo, con autori come Duns Scoto e soprattutto Guglielmo di Ockham, fu segnata da un crollo di fiducia nella ragione e da un conseguente crescente fideismo, portando quindi alla fine del pensiero medievale e alla nascita del pensiero moderno. L’Umanesimo e il Rinascimento furono dei poderosi tentativi di rispondere a tale crisi, proponendo quale modello gli “antichi”, come risposta al crollo di fiducia nella ragione umana. Come è stato ben spiegato da diversi storici, come Régine Pernoud, gli Umanisti finirono per attribuire all’intero Medioevo quei caratteri di debolezza della ragione e di fideismo che ne caratterizzano, al contrario, proprio la crisi. ( Wikipedia )

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Aggiornato al 29 Novembre 2023

 

LIBRO: In Quel Preciso Momento di Dino Buzzati

DINO BUZZATI, IN QUEL PRECISO MOMENTO, MONDADORI, 1974

IN QUEL PRECISO MOMENTO è una raccolta di racconti brevi, prose, riflessioni, apologhi, appunti e pagine di diario pubblicate dallo scrittore e giornalista Dino Buzzati nel 1950.

Nel 1955 uscì una nuova edizione, sempre per i tipi dell’editore Neri Pozza, contenente quaranta pezzi in più. Nel 1963 il volume venne pubblicato in questa forma dall’editore Mondadori, che nel 1974 ne editerà però una nuova edizione, con l’aggiunta di ulteriori ventisette frammenti letterari.

In quel preciso momento

Siamo già al 28 e non ho fatto ancora niente. Inoltre quella specie di poema che mi girava per la mente ora sfugge di qua e di là. Mi risveglio al mattino, ci penso, e tutto si sprofonda nello squallore acquitrinoso di queste giornate di pioggia. Arranco, arranco, per riguadagnare la strada perduta. “Aspetta! Ferma! Aspetta!” grido ai piedi della salita. Ma le pagine lentamente si sfogliano, molto lentamente, è doveroso ammetterlo, ma non riposano mai. Mai come noi uomini. Si fermano a guardarsi intorno, a accendere una sigaretta, a chiacchierare un poco. Le pagine della vita, le ore, voglio dire, i giorni astronomici e i mesi senza bisogno di stupide metafore, si succedono con grande rapidità, bisogna convenire, a vederli passare con tanta compostezza non si direbbe mai che siano nostri nemici. Vanno adagio, da grandi signori. Ma non si fermano mai, i maledetti, non danno un attimo di respiro, abbiamo un bel correre avanti, predisporre, pianificare, calcoli, progetti. Siamo uomini, ahimè, e ogni tanto dobbiamo fermarci. Fermarci, e ci addormentiamo. Ma così, mentre noi stiamo fermi sul bordo della via sognando strane cose, le ore, i giorni, mesi ed anni ci raggiungono uno per uno, con la loro abominevole lentezza ci sopravanzano, si perdono in fondo alla strada. Poi al mattino ci accorgiamo di essere rimasti indietro, ci mettiamo all’inseguimento.
In questo preciso momento, vogliamo dire volgarmente, finisce la giovinezza.

Dino Buzzati

Dino Buzzati è, insieme a Italo Calvino e Tommaso Landolfi, uno dei più grandi scrittori fantastici del Novecento italiano, con all’attivo un grande numero di romanzi e racconti surreali e realistico-magici (tanto da esser stato a più riprese definito il “Kafka italiano”). Il suo capolavoro, Il deserto dei Tartari (1940), è considerato dalla critica il vertice della narrativa esistenzialista italiana, insieme alle opere di Alberto Moravia (che tuttavia estrinsecano il genere in tutt’altra direzione).

Con un tono narrativo fiabesco, Buzzati affronta temi e sentimenti quali l’angoscia, la paura della morte, la magia e il mistero, la ricerca dell’assoluto e del trascendente, la disperata attesa di un’occasione di riscatto da un’esistenza mediocre ( Le mura di Anagoor, Il cantiniere dell’Aga Khan, Il deserto dei Tartari ), l’ineluttabilità del destino ( I sette piani ) spesso accompagnata dall’illusione ( L’uomo che volle guarire ).

Il grande protagonista dell’opera buzzatiana è il destino, onnipotente e imperscrutabile, spesso beffardo (come ne Il deserto dei Tartari). Perfino i rapporti amorosi sono letti con quest’ottica di imperscrutabilità ( Un amore ). La letteratura di Buzzati appartiene al genere fantastico con molteplici spunti, talvolta con vicinanze al surrealismo, l’orrore e alla fantascienza ( Il grande ritratto e alcuni racconti )

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Aggiornato al 29 Novembre 2023

 

LIBRI: Cronache Militari della Resistenza in Liguria

G. GIMELLI, CRONACHE MILITARI RESISTENZA LIGURIA, 1969, 3 voll.

Subito dopo l´8 settembre 1943, e sino ai giorni a cavallo della Liberazione, si sviluppa e si rafforza in Liguria e zone limitrofe ( Basso Piemonte, Oltrepò pavese, Garfagnana ) un forte movimento di resistenza armata. Il libro di Giorgio Gimelli fornisce un quadro esaustivo e un’organica documentazione di tutte le vicende in cui si è dipanata la lotta di liberazione nelle quattro Zone operative della Liguria, che videro protagonisti non solo i partigiani sulle montagne, ma anche quanti si impegnarono nell’attività clandestina nelle città, oltre alle popolazioni contadine che, nonostante le indiscriminate rappresaglie e distruzioni messe in atto dai nazisti e dai fascisti, non cessarono mai di offrire il loro aiuto alle forze della Resistenza. Pur basandosi sulle precedenti Cronache militari della Resistenza in Liguria, opera da tempo esaurita, il presente volume, rielaborato ad opera del curatore sulla scorta delle indicazioni e in base agli appunti lasciati dall’autore, presenta sostanziali novità dovute al vaglio del materiale conservato in archivi solo recentemente aperti ai ricercatori, agli ulteriori contributi di alcuni lucidi protagonisti di quella stagione, nonché a una puntigliosa ricerca di nuove informazioni: in tal modo il libro è destinato a rimanere un preciso punto di riferimento per storici, ricercatori e studenti. ( ILSREC )

Aldo Gastaldi, detto Bisagno

Aldo Gastaldi nacque a Rivarolo Ligure oggi quartiere di Genova, all’epoca comune autonomo, il 17 settembre 1921. Appassionato camminatore e cacciatore, a 13 anni si recava da solo a piedi sulla vetta del monte Antola con un viaggio a piedi di 12 ore. Pilone della squadra di rugby dell’Istituto Galilei e canottiere della Società Canottieri Genovesi Elpis. Dopo il diploma conseguito all’Istituto Galileo Galilei di Genova fu impiegato all’Ansaldo di Sestri Ponente e studente di economia all’Università di Genova.
Durante la guerra venne chiamato alle armi: a venti anni, sottotenente del Genio, addetto a funzioni di marconista a Chiavari, con il 15º Reggimento Genio.

Il 25 luglio 1943 mentre era in servizio di ordine pubblico col suo plotone distrusse i simboli della Casa del Fascio di Chiavari. Dopo l’armistizio dell’8 settembre nascose le armi ai tedeschi nei pressi del castello di Chiavari e nelle settimane successive venne contattato dal Partito Comunista tramite Giovanni Serbandini “Bini” per dar vita a una formazione partigiana. Nacque così, presso un casone di contadini sulle alture di Cichero, una frazione di San Colombano Certenoli sulle pendici del Monte Ramaceto, nell’inverno del 1943 il primo nucleo di quella che da lì a qualche mese sarebbe diventata la Divisione Cichero, la più famosa e temuta operante nella zona.

Dotato di forte personalità, Aldo Gastaldi, fervente cattolico e fermamente apartitico, insieme al comunista Serbandini stabilì per gli uomini della Divisione severe regole di comportamento, il famoso “Codice di Cichero” che tutti i partigiani si impegnarono a rispettare nonostante le condizioni al limite della sopravvivenza: “in attività e nelle operazioni si eseguono gli ordini dei comandanti, ci sarà poi sempre un’assemblea per discuterne la condotta; il capo viene eletto dai compagni, è il primo nelle azioni più pericolose, l’ultimo nel ricevere il cibo e il vestiario, gli spetta il turno di guardia più faticoso; alla popolazione contadina si chiede, non si prende, e possibilmente si paga o si ricambia quel che si riceve; non si importunano le donne; non si bestemmia”. Bisagno combatté tenacemente esponendosi sempre in prima persona contro la politicizzazione della Divisione e delle formazioni Partigiane.

Come riportato dal “Dizionario della Resistenza”(Einaudi, 2001) e dal “Dizionario della Resistenza in Liguria” di Gimelli e Battifora (De Ferrari, 2008), “Bisagno” era decisamente critico nei confronti del partitismo, poiché esso avrebbe potuto “[….]incrinare la lotta partigiana[…]. “Noi non abbiamo un partito, noi non lottiamo per avere un domani un cadreghino, vogliamo bene alle nostre case, vogliamo bene al nostro suolo e non vogliamo che questo sia calpestato dallo straniero, dobbiamo agire nella massima giustizia e liberi da prevenzioni”.. Bisagno, uomo dotato di forte personalità e carisma scriveva all’età di 21 anni: Continuerò a gridare ogniqualvolta si vogliano fare ingiustizie e griderò contro chiunque, anche se il mio grido dovesse causarmi disgrazie o altro.” ( Wikipedia )

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Aggiornata al 26 Gennaio 2024