L’ultimo Re d’Italia: Umberto II di Savoia

Umberto II di Savoia

Umberto II di Savoia ( Umberto Nicola Tommaso Giovanni Maria di Savoia; Racconigi, 15 settembre 1904 – Ginevra, 18 marzo 1983 ) è stato Luogotenente Generale del Regno d’Italia dal 1944 al 1946 e ultimo Re d’Italia, dal 9 maggio 1946 al 18 giugno dello stesso anno. Dopo il risultato del Referendum istituzionale del 2 giugno il 13 giugno il Consiglio dei ministri trasferì ad Alcide De Gasperi, con un atto definito rivoluzionario da Umberto II, le funzioni accessorie di capo provvisorio dello Stato. A causa della brevissima durata del suo regno, poco più di un mese, venne soprannominato Re di maggio.

Luogotenenza

Nel febbraio 1944 il governo del Sud si era trasferito a Salerno. Il 12 aprile 1944 un radiomessaggio diffondeva la decisione del Sovrano di nominare il figlio Umberto luogotenente a liberazione della Capitale avvenuta. Il 5 giugno del 1944, dopo la liberazione di Roma, Vittorio Emanuele III nominò il figlio luogotenente generale del Regno, in base agli accordi tra le varie forze politiche che formavano il Comitato di Liberazione Nazionale, e che prevedevano di «congelare» la questione istituzionale fino al termine del conflitto.

È una data che segna il passaggio dei poteri dal re al figlio Umberto, che così esercitò le prerogative del sovrano dal Quirinale, senza tuttavia possedere la dignità di re, con Vittorio Emanuele che rimase a vita privata a Salerno. Si trattava di un compromesso suggerito dall’ex presidente della Camera Enrico De Nicola, poiché i capi dei partiti antifascisti avrebbero preferito l’abdicazione di Vittorio Emanuele III, la rinuncia al trono da parte di Umberto e la nomina immediata di un reggente civile. Il luogotenente del Regno si guadagnò ben presto la fiducia degli Alleati grazie alla scelta di mantenere la monarchia italiana su posizioni filoccidentali.

Umberto si insediò al Quirinale e su proposta del CLN affidò il 18 giugno l’incarico di formare il nuovo governo a Ivanoe Bonomi, estromettendo, quindi, Badoglio. Umberto firmò su pressione americana il decreto legislativo luogotenenziale 151/1944, che stabiliva che “dopo la liberazione del territorio nazionale le forme istituzionali” sarebbero state “scelte dal popolo italiano, che a tal fine” avrebbe eletto “a suffragio universale, diretto e segreto, un’Assemblea costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato” dando per la prima volta il voto alle donne.

Formò quindi la commissione ( Consulta regionale siciliana ) per redigere lo statuto autonomo della Sicilia, in conformità con il suo intento di evitare la secessione dell’isola a opera dei movimenti indipendentisti.

Nel 1944 Umberto firmò anche il decreto luogotenenziale del 10 agosto n. 224, che abolì la pena di morte, tranne per alcuni reati in tempo di guerra; sarà reintrodotta, con effetto temporaneo, nel maggio 1945 per alcuni gravi reati su iniziativa del governo De Gasperi e abolita definitivamente solo dalla Costituzione repubblicana del 1948. Umberto era difatti contrario alla pena capitale e, nel caso dei condannati per reati della guerra conclusa, avrebbe probabilmente firmato tutte le domande di grazia, salvo forse, alcuni casi di delitti particolarmente efferati; il Ministro di grazia e giustizia Palmiro Togliatti (che poi promulgherà l’amnistia) era invece ostile ad accogliere gran parte delle domande.

Umberto, luogotenente del Regno, con il Primo ministro britannico Winston Churchill il 22 agosto 1944
Alla fine della guerra, Umberto apprese dal dottor Fausto Pecorari la notizia della morte di sua sorella Mafalda, prigioniera dei nazisti e deceduta nel 1944 nel campo di concentramento di Buchenwald per le ferite riportate durante un bombardamento aereo statunitense.

Nel giugno 1945 insediò il Governo Parri, e nel dicembre dello stesso anno il primo governo De Gasperi.

Nel corso dei due anni trascorsi al Quirinale, Umberto sarà assecondato da una piccola cerchia di fedelissimi formata più da tecnici che da politici. Il suo consigliere più ascoltato era il ministro della real casa Falcone Lucifero. I margini di azione della corte erano però limitati, anche a causa dell’esiguità dei fondi a disposizione (il luogotenente disponeva solo della metà della “lista civile”, il resto spettante al padre). La celebre storia dei cosiddetti “conti di Ciampino” o “conti della scaletta” appare infondata: Umberto II, quando si era recato a Ciampino il 13 giugno 1946, era stato accompagnato da un folto seguito, nel quale si trovavano anche alcune persone che avevano richiesto un titolo nobiliare.

Nella confusione del momento, Umberto II si stava raccomandando con il ministro della real casa Falcone Lucifero di “far bene tutti i conti”. Il riferimento era relativo alle spese che erano state sostenute nei giorni precedenti al referendum. Questa sua raccomandazione, però, è stata fraintesa da alcuni storici, che hanno ritenuto invece che, per gratitudine nei confronti di quei fedeli, Umberto II avesse voluto «farli tutti conti».

Re per abdicazione del padre

Il 9 maggio 1946, un mese prima dello svolgimento del referendum istituzionale che dovrà decidere tra monarchia e repubblica, Vittorio Emanuele III a Napoli abdicò a favore del figlio Umberto.

La sera stessa si imbarcò sul Duca degli Abruzzi e in volontario esilio si trasferì in Egitto con la regina Elena, assumendo il titolo di conte di Pollenzo. Gli esponenti dei partiti di sinistra e i repubblicani denunceranno la violazione della tregua istituzionale negoziata attraverso l’istituto della luogotenenza, che avrebbe dovuto essere mantenuta fino alla risoluzione del nodo istituzionale (anche se il presidente del consiglio Alcide De Gasperi cercò di minimizzare parlando di “fatto interno a casa Savoia”). La speranza di casa Savoia era di far recuperare consensi all’istituto monarchico con l’uscita definitiva di scena del vecchio re e grazie anche alla maggiore popolarità del nuovo sovrano Umberto II. Non vennero effettuate cerimonie formali di successione, in quanto lo stesso statuto albertino prevedeva che all’abdicazione del sovrano seguisse la successione come monarca del principe ereditario. ( Wikipedia )

L’ultimo re: i diari del ministro della Real Casa: 1944-1946

Scritti di getto, questi diari vanno dal febbraio 1944, quando Falcone Lucifero venne nominato ministro dell’Agricoltura da Badoglio, fino a poco tempo dopo la partenza di Umberto II. Costituiscono un documento importante per comprendere i retroscena della vita politica e istituzionale italiana di quegli anni e per conoscere il vero volto, al di là dell’immagine pubblica, dei protagonisti, con i loro ideali e le loro piccole miserie.

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