Post-Coronavirus: Ritrovare il Benessere Psichico con l’ausilio dei Libri

Ispirazioni dai Libri del Novecento

Canzoni per le sirene di Guillaume Apollinaire

Tra canto aperto e ricca opacità del reale, tra amore e disamore, tra sperimentazione e legame forte con la tradizione della lirica francese si realizza l’opera di un grande autore della poesia del Novecento, Guillaume Apollinaire. Scomparso appena trentottenne, sempre amato dai suoi lettori, è stato molto amato anche dai poeti, come dimostra questa antologia, che raccoglie traduzioni di tre di loro, appunto, appartenenti a generazioni diverse, ma legati da un solidissimo filo conduttore letterario: Vittorio Sereni, Giovanni Raboni, Maurizio Cucchi. Ognuno è qui presente con le proprie predilezioni dall’opera di Apollinaire, e dunque con scelte tratte da uno scenario aperto, apertissimo, che include la sintesi magistrale e la grazia sottile dei disegni del Bestiario per arrivare ai componimenti più vasti e articolati, poematici e prosastici come Zona o Vendemmiaio, muovendo dall’acutezza esemplare del Pont Mirabeau o dei Colchici fino ai capitoli della malinconia amorosa del Canto del malamato. Un secolo, dunque, è trascorso dalla scomparsa dell’autore, ma l’emozionante freschezza della sua poesia, così variamente estrosa nel suo compiersi, ci arriva con quell’intatta e incantevole perfezione che è solo dei grandi. ( Tratto da Kobo.com )

 

Per una Linguistica Siciliana tra Storia e Scrittura

Peraltro il siciliano non è una lingua che deriva dall’italiano, ma – al pari di questo – direttamente dal latino volgare, e costituì la prima lingua letteraria italiana, già nella prima metà del XIII secolo, nell’ambito della Scuola siciliana. Anche l’UNESCO riconosce al siciliano lo status di lingua madre, motivo per cui i siciliani sono descritti come bilingui, e lo classifica tra le lingue europee “vulnerabili”. Inoltre la lingua siciliana potrebbe essere ritenuta una lingua regionale o minoritaria ai sensi della Carta europea per le lingue regionali e minoritarie, che all’articolo 1 afferma che per “lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue … che non sono dialetti della lingua ufficiale dello Stato”. Alcuni studiosi asseriscono che il siciliano sia la più antica lingua romanza, ma tale ipotesi non è diffusa nel mondo accademico. ( Wikipedia )

 

Pinocchio ( Edizione 1957 )

Nel romanzo Geppetto spiega che si chiama Pinocchio perché è un nome a lui conosciuto: «– Che nome gli metterò? – disse tra sé e sé. – Lo voglio chiamar Pinocchio. Questo nome gli porterà fortuna. Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi: Pinocchio il padre, Pinocchia la madre e Pinocchi i ragazzi, e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina. –» (Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, cap. III.)
L’origine del nome non è chiara: pinocchio significa «pinolo», esistono molti altri cognomi simili con pin- che derivano da Pino, ipocoristico aferetico di Giuseppino ( a sua volta diminutivo o vezzeggiativo di Giuseppe, come anche lo stesso Geppetto ) o anche di Filippino ( da Filippo ) e Iacopino ( da Iacopo o Giacomo ). Nell’antico dialetto toscano, il termine Pinocchia indicava l’albero ( ovviamente comunemente chiamata anche Pinacchio, formato da Pina e chio’ ) infatti tutte le persone di nome Pina sono Pinacchio Pinus pinea, come testimoniato da toponimi come Crino della Pinocchia. Pinocchina indicava inoltre, nel vernacolo fiorentino di qualche tempo fa, una gallina o donna piccola e un po’ grassoccia ma ben proporzionata. Nell’accezione di pinolo si possono riassumere simbolicamente le caratteristiche del personaggio, come evidenziato anche da Gérard Génot: il «seme» come «valore filiale, infantile», nel suo stesso essere «di legno», insomma «la carne nel legno, la germinazione nella durezza». Altri preferiscono richiamare alcuni toponimi toscani che potrebbero aver suggerito il nome al Collodi. A Colle, dove fu alunno del locale Seminario collegio vescovile, esisteva una fonte detta la Fonte del Pinocchio. Secondo alcuni potrebbe aver preso spunto anche dall’odierno San Miniato Basso, che si chiamava appunto “Pinocchio”, che è anche il nome del rio che scorre nel centro del paese. Era una località che Collodi conosceva bene: il padre di Carlo Lorenzini, Domenico, aveva abitato per diversi anni nella zona del Pinocchio al servizio come cuoco di una ricca famiglia del luogo.

 

Roma Medievale

Roma medievale è l’epoca che segna l’affermazione della religione cristiana nella Roma imperiale e lo sviluppo del potere spirituale e temporale della Chiesa, che sostituirà il declinante potere dell’imperatore in Occidente. Per coprire in modo coerente questo periodo cruciale della storia dell’Urbe, la definizione di Medioevo adottata dall’autore è più ampia di quella usuale: invece di iniziare con la caduta dell’impero d’Occidente nel 476 (deposizione di Romolo Augustolo), la trattazione parte dal trionfo di Costantino a Roma (312); la fine è posta col sacco di Roma a opera di Carlo V (1527), trentacinque anni dopo la tradizionale data della scoperta dell’America (1492). Durante il principato di Costantino Roma era al massimo del suo splendore. La nuova posizione della religione cristiana, sancita dall’editto di tolleranza di Milano del 313, si riflettè nell’urbanistica della città con la costruzione delle prime grandi basiliche, quali quella di S. Pietro sul colle Vaticano e quella di S. Paolo, sulla via Ostiense. Con il trasferimento della capitale dell’impero romano a Bisanzio, in Asia Minore, Roma cessò di essere il centro politico dell’impero, ma iniziò la sua affermazione come il più importante centro religioso del mondo cristiano, in quanto residenza finale di Pietro, il primo capo della comunità cristiana dopo la morte di Cristo. Pur non mancando con i successori di Costantino il sostegno economico e militare alla città di Roma, lo spostamento del baricentro politico dell’impero in Oriente lasciò Roma esposta a rischi non più conosciuti da lungo tempo. Nel 410 i Goti di Alarico entrarono in Roma e la saccheggiarono, ottocento anni dopo l’aggressione dei Galli di Brenno. Altre minacce si rivolsero contro la città, con gli Unni di Attila e i Vandali di Genserico, contro le quali si erse il capo della comunità cristiana, il Papa, con la sola forza della sua autorità morale. Il capo della Chiesa, vescovo di Roma, divenne il punto di riferimento principale della città, assumendo funzioni non solo spirituali, essendo l’unica forza in grado di mobilitare le risorse necessarie per sostenere la popolazione nei momenti di difficoltà. ( Da Luciano Gatto )

 

 

Wittgenstein, il giovane Ludwig 

In fondo, il destino fu per Wittgenstein qualcosa da sfidare di continuo, un angelo da combattere viso a viso. Lo fu sin dal momento in cui scoprì e coltivò la propria vocazione: ingegnere austriaco che parlava male l’inglese, divenne discepolo e poi collaboratore del grande Bertrand Russell, il quale rimase allibito dal suo talento. Ma la vita accademica non faceva per lui. Si ritirò in solitudine sui fiordi norvegesi per cercare una soluzione ai problemi lasciati aperti dai Principia Mathematica. Nelle retrovie della prima guerra mondiale — per la quale si era arruolato nell’agosto 1914 — continuò a lavorare con disperazione e pervicacia. In un’officina dell’artiglieria di Cracovia si scervellò sulla logica e la teoria della raffigurazione. In tutte queste difficoltà fu sorretto da una convinzione radicale: non esiste altro mondo se non il tuo mondo: se vuoi migliorare il mondo, devi migliorare te stesso. Il 29 aprile 1916, tre giorni dopo il suo ventisettesimo compleanno, ricevette il primo impatto col fuoco russo. Con sé aveva soltanto un taccuino e una penna, e dentro il taccuino il nascente Tractatus logico-philosophicus, croce e delizia di tutti gli studiosi di filosofia contemporanea. ( Il Sole 24Ore )

 

La Porta di Sion

Nello stato di Israele, la città della Spezia è indicata sulle mappe come “Porta di Sion”, ricordata con affetto e forte emozione, e nominata con rispetto nel ricordo tramandato tra le generazioni. Eppure molti non conoscono la storia della missione Exodus, che vide la città di Spezia e i suoi abitanti protagonisti di un importante passaggio della storia che rischia oggi di essere dimenticata per sempre. Il leggendario comandante Arazi nel 1946 guidò con coraggio la Missione Exodus, operazione clandestina che permise a molti profughi ebrei scampati ai campi nazisti e provenienti da tutta Europa di salpare dalla Spezia alla volta di Israele. Il Comandante Yehuda Arazi, conosciuto con diversi pseudonimi e costretto a celarsi sotto false spoglie, racconta la nipote, guidava l’Istituto per l’emigrazione illegale sorto nel 1938. Il caso internazionale del maggio 1946, il cui epicentro fu proprio il porto della Spezia, vide le imbarcazioni Fede e Fenice preparate a trasportare 1.014 profughi. La Gran Bretagna, forza occupatrice, regolamentava l’afflusso controllato dei sopravvissuti in Palestina, indicato in 75.000 ebrei da rimpatriare in cinque anni. Ma tale numero si rivelò decisamente insufficiente: l’Europa rifiutava gli ebrei di ritorno dai campi di sterminio, già vittime di un forte senso di straniamento, e ciò aumentò il desiderio della comunità internazionale di ritornare verso la propria terra promessa. Arazi radunò così il flusso migratorio verso i porti italiani, in particolare in quello spezzino, presso il quale la comunità ebraica, ferma sulle banchine per settimane, ricevette, dopo un primo sospettoso approccio, forte solidarietà dagli spezzini. Il governo britannico continuava a fermare la missione clandestina di Arazi, e le imbarcazioni non potevano partire. Fu proprio il sostegno della gente locale, la resistenza dei profughi marcata con un lungo sciopero della fame, l’attenzione dei media internazionali e la visita di Harold Lasky, presidente dell’esecutivo del Partito Laburista britannico, che portarono in ultimo le autorità londinesi a decidere di far salpare le due imbarcazioni dal Molo Pirelli, a Pagliari, alle ore 10 dell’8 maggio 1946. ( DoInItaly )

 

Quindici Lezioni su Platone

Ci sono libri che estraggono a viva forza dai dialoghi platonici un sistema dottrinale, pretendendo di scrivere quel trattato di «filosofia platonica» la cui possibilità Platone aveva negato persino a se stesso. Altri preferiscono esporre il contenuto dei dialoghi «uno per uno», incorrendo di nuovo in un rischio di violenza espositiva, perché devono stabilire un criterio di successione fra i dialoghi, che finisce con il configurare un arbitrario modello di sviluppo lineare del pensiero platonico. È legittimo chiedersi se tutto questo non debba indurre a rinunciare al tentativo di scrivere un altro libro su Platone. Ma forse non è cosí. Proprio questa consapevolezza può consentire di scrivere un libro meno arbitrario, esente dalla pretesa tirannica di esporre, e perciò esaurire, «la filosofia di Platone». Si può tentare insomma di scrivere un libro che parta dai «discorsi» di Platone per fornire ai propri lettori le informazioni necessarie a continuare a riflettere con lui, a proseguire la sua esplorazione dei temi e dei modi che sono propri del pensare filosoficamente: a cercare una risposta a domande che sono ancora le nostre. Questo è precisamente il tentativo che verrà esperito in questo libro. Esso non mira a sostituirsi ai dialoghi ma a offrire una mappa orientativa per la loro lettura, ad agevolare un accesso che continua a essere un diritto di tutti, senza suggerire la scorciatoia del «manuale». ( Einaudi )

 

La Chimica dell’Amore 

Com’è possibile che due persone totalmente estranee giungano alla conclusione che non solo sarebbe piacevole condividere la vita, ma che è necessario farlo? Non se ne può proprio fare a meno! E se poi non funziona ci si domanda: com’è stato possibile innamorarsi della persona “sbagliata”? L’amore è un mistero adatto ai poeti. Per descriverlo si immaginano lunghe notti al chiaro di luna, passione, intimità, sospiri e mancamenti. L’amore è un sentimento irriducibile, alieno alle strette maglie della logica e della comprensione razionale. O così ci piace pensare. Tuttavia l’amore ha anche la sua chimica, la sua anatomia, la sua storia evolutiva e i suoi esperimenti di laboratorio. Quando una donna dice a un uomo (o viceversa) “ho bisogno di te”, molte cose si mettono in moto nel suo corpo e nel suo cervello. La seduzione genera nel partner una cascata neurochimica più che reale, e pochi al mondo la conoscono nel dettaglio meglio di Larry Young, uno dei due autori di questo libro. C’è un’intricata catena di eventi che porta quella donna a pensare di avere bisogno – proprio di quell’uomo, ci racconta questo libro; una catena non poi così differente da quella che si mette in moto nella dipendenza dalle droghe. Sono gli stessi circuiti nervosi che si animano in entrambi i casi. Insomma, l’amore è una droga, benché molto, molto bella e per fortuna universalmente accettata. ( Hoepli )

 

La Grande Accelerazione

La Terra è da poco entrata in una nuova era, in cui l’uomo condiziona sempre piú massicciamente l’ecologia globale: il periodo piú anomalo nella storia della nostra relazione con la biosfera. Dalla metà del XX secolo, il ritmo accelerato dell’uso di energia, le emissioni di gas serra e la crescita della popolazione hanno spinto il pianeta dentro un gigantesco esperimento incontrollato. I numeri sono impressionanti: piú di tre quarti dell’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera ha avuto luogo dal 1945 a oggi; nello stesso periodo il numero di veicoli a motore è cresciuto da 40 a 800 milioni, la popolazione del pianeta è triplicata e gli abitanti delle città sono passati da 700 milioni a 3,5 miliardi. Un gigantesco terremoto ecologico, del quale La Grande accelerazione spiega cause e conseguenze, evidenziando il ruolo dei sistemi energetici, nonché gli andamenti dei cambiamenti climatici, ambientali e urbani. Finora, gli uomini non hanno mai gestito i cicli biogeochimici del pianeta. ( Einaudi )

 

Storia del Buddhismo

Il Buddhismo cominciò a destare un forte interesse per il grande pubblico in Occidente solo a partire dal XX secolo, come reazione alla delusione provocata dalla caduta delle grandi utopie del secolo. Negli anni 1950 il movimento beatnik contribuì a renderlo popolare, tanto da farlo diventare la “filosofia” dei giovani della New Age, in lotta contro la società industriale. Queste forze che avevano animato la politica “idealista” della prima metà del secolo si rivolsero all’auto-realizzazione, sia materiale sia spirituale, e in questo contesto il Buddhismo esercita un forte fascino, grazie alle sue idee di tolleranza, assenza di autorità divine e di determinismo, e che il mondo possa essere compreso indagando sé stessi.
All’inizio del XX secolo i primi missionari giapponesi propagarono il Buddhismo di tradizione Zen nell’America del Nord (soprattutto in California); ad esempio uno studioso giapponese e buddista, Suzuki Daisetsu Teitaro, ha scritto dei libri in inglese riguardanti il Buddhismo della tradizione Zen. Negli anni 1950 il movimento beatnik contribuì a renderlo popolare, tanto da farlo diventare la “filosofia” dei giovani della New Age, in lotta contro la società industriale.
Nella cultura occidentale il Buddhismo di tradizione Zen esercita un fascino sempre maggiore, anche grazie a grandi personalità che si sono impegnate ad introdurlo in occidente, come il giapponese Suzuki in America ed in Europa il monaco giapponese Taisen Deshimaru, primo patriarca d’Europa della tradizione di Buddhismo Soto Zen, il quale nel 1967 si recò dal Giappone in Europa e si stabilì a Parigi con la missione di diffondere il Buddhismo Zen in occidente, fondando nel 1979 il primo grande Tempio d’Occidente alla Gendronnière in Francia (vicino a Blois) e nel 1970 fondando l’Association Zen Internationale (AZI). La sua opera, aiutato dai suoi discepoli, venne divulgata anche attraverso numerosi libri e diverse pubblicazioni periodiche. Stabilì anche eccellenti rapporti con scienziati, artisti, terapeuti di ogni paese e contribuì molto all’avvicinamento Oriente-Occidente, che considerava una delle grandi speranze della nostra epoca; con l’introduzione del Buddhismo Zen nella nostra cultura, si riproponeva di aiutare l’umanità a superare la propria crisi esistenziale secondo l’insegnamento buddhista delle “Quattro nobili verità”. ( Wikipedia )

La Fabbrica delle Ideologie

«Una storia del pensiero politico italiano scritta e pensata vigorosamente e destinata, credo, a durare» Massimo Salvadori – La Repubblica
«Un lavoro importante, che colma una lacuna della storiografia e che, fin dalle prime pagine, offre una chiave di lettura tutt’altro che ideologica. Un libro denso e corposo, ma soprattutto meditato e argomentato»  In Italia non si è affermata una autentica cultura liberale perché la produzione delle ideologie di opposti orientamenti ha impedito una riflessione serena e obiettiva sulla realtà sociale. Il libro prende in esame il pensiero politico italiano del Novecento, nelle sue correnti più importanti e nei suoi esponenti più significativi, in stretta connessione con gli avvenimenti politici e sociali. La ricostruzione inizia dall’età giolittiana; illustra le posizioni prevalenti di appoggio o rifiuto dell’intervento nella prima guerra mondiale e i complessi fermenti ideali del primo dopoguerra; dà ampio spazio al pensiero politico italiano durante il ventennio fascista, giungendo ad esaminare gli anni della Repubblica fino ai protagonisti intellettuali dei nostri ultimi anni. ( Editori Laterza )

 

Libreria Aiace Roma via Ojetti 36 Montesacro – Nomentana – Talenti

La libreria Aiace di via Ugo Ojetti 36, Roma, è un punto speciale per i lettori e le lettrici di Roma. Ci potete trovare saggi, romanzi, riviste, raccolte di poesie a prezzi incredibili, perché la caratteristica comune a tutti questi libri è che sono usati. Nessun imbarazzo, quindi: aprendo a caso una pagina o iniziando a divorare il testo non si ha la sensazione di profanare qualcosa di sacro che andrebbe conservato così com’è, bianco, immacolato e senza orecchie laterali. Qualcuno prima di voi ha già letto quel libro e lo ha già arricchito di quella patina antica che lo rende così prezioso.

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