LIBRO: L’Affaire Dreyfus di Gianni Rizzoni

 

Dreyfus & l’Antisemitismo in Francia alla fine dell’Ottocento

L’affare Dreyfus fu il maggior conflitto politico e sociale della Terza Repubblica, scoppiato in Francia sul finire del XIX secolo, che divise il Paese dal 1894 al 1906, a seguito dell’accusa di tradimento e spionaggio a favore della Germania mossa nei confronti del capitano alsaziano di origine ebraica Alfred Dreyfus, il quale era innocente. Il vero responsabile era difatti il colonnello Ferdinand Walsin Esterhazy.

L’affare costituì lo spartiacque nella vita francese tra i disastri della Guerra franco-prussiana e la Prima Guerra Mondiale: costrinse ministri a dimettersi, creò nuovi equilibri e raggruppamenti politici, spinse a un tentato colpo di Stato. Si crearono e scontrarono, nell’arco di due decenni, due campi profondamente opposti: i “dreyfusardi”, che difendevano l’innocenza di Dreyfus (tra loro si distinse Émile Zola con il suo intervento giornalistico denominato “J’accuse”), e gli “antidreyfusardi”, partigiani della sua colpevolezza.

La condanna di Dreyfus fu un errore giudiziario, avvenuto nel contesto dello spionaggio militare, dell’antisemitismo imperversante nella società francese e nel clima politico avvelenato dalla perdita recente dell’Alsazia e di parte della Lorena, subita per opera dell’Impero tedesco di Bismarck nel 1871.

L’ attualità dell’ Affaire Dreyfus secondo Indro Montanelli

«Essa non fu soltanto il più appassionante “giallo” di fine secolo. Fu anche l’anticipo di quelle «deviazioni» dei servizi segreti che noi riteniamo – sbagliando – una esclusiva dell’Italia contemporanea. Ma fu soprattutto il prodromo di Auschwitz perché portò alla superficie quei rigurgiti razzisti e antisemiti di cui tutta l’Europa, e non soltanto la Germania, era inquinata. Allora, grazie soprattutto alla libertà di stampa che smascherò l’infame complotto, quei rigurgiti furono soffocati. Ma la vittoria dell’antirazzismo, che lì per lì sembrò definitiva, fu, come sempre quella della Ragione, soltanto momentanea. Le cronache di oggi dimostrano che nemmeno i forni crematori dell’Olocausto sono riusciti a liberarci dal mostro che si annida nel subconscio delle società (con rispetto parlando) cristiane, e che proprio nell’affare Dreyfus diede la misura più eloquente della sua abiezione. Ma quell’affare – destinato a passare alla Storia come l’Affaire per antonomasia – segnò una svolta epocale anche per un altro motivo: per gli effetti che provocò nella coscienza di un piccolo giornalista ebreo della «Neue Freie Presse» di Vienna, Theodor Herzl, destinato a diventare l’apostolo e il fondatore spirituale dello Stato d’Israele (autore de “Lo stato ebraico”, 1896). Herzl aveva fino a quel momento negato l’esistenza di un problema ebraico, o meglio aveva sostenuto che per gli ebrei c’era solo un modo di risolverlo: integrandosi e radicandosi nelle società in cui si erano accasati, ponendo fine al loro eterno vagabondare, cioè cessando di essere ebrei. Egli era convinto ch’essi avessero già pagato uno scotto troppo alto all’impegno di restare se stessi e che fosse venuto il momento di rinunziarvi. Dreyfus, che non aveva mai letto Herzl, e forse ne ignorava financo il nome, ne aveva già praticato l’insegnamento. Figlio di un ricco industriale alsaziano, che dopo Sedan si era trasferito a Parigi per sottrarsi al giogo tedesco, era cresciuto in un tale culto per la Francia da scegliere, per meglio servirla, la professione delle armi, nonostante la preconcetta ostilità che gli ottusi e retrivi ambienti militari nutrivano per gli ebrei. Dreyfus pensò di poterla vincere col suo zelo: nessun soldato francese fu più soldato e più francese di lui. Ma ciò non bastò a salvarlo quando i servizi segreti decisero di montare l’affaire di un ufficiale ebreo al soldo dello spionaggio tedesco, che miscelava in una bomba esplosiva i due sentimenti allora prevalenti nel Paese: l’antigermanesimo e l’antisemitismo. Fu questo episodio che aprì gli occhi ad Herzl e lo convinse che, per sottrarsi alle persecuzioni, non bastava agli ebrei dimenticarsi di esserlo. E fu allora che con passione missionaria si dedicò a propagandare nel mondo l’idea della ricostruzione di un «focolare» ebraico in Palestina. Non fece nemmeno in tempo a vederne nemmeno i prodromi perché morì all’inizio dell’affaire. Ma fu grazie a lui – e grazie a Dreyfus – che l’idea si diffuse – non senza suscitarvi diffidenze e ostilità – nel mondo ebraico, e si tradusse in progetto… Nemmeno l’umiliazione della degradazione e i cinque anni nell’inferno della Guyana erano riusciti ad annacquare i suoi sentimenti di soldato francese. Amava la Patria…» ( Wikipedia )

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Aggiornato al 19 Gennaio 2024