L. PUPPI, LA VILLA BADOER DI FRATTA POLESINE
La villa fu voluta nel 1554 dal “Magnifico Signor Francesco Badoero”, un personaggio di spicco modesto, privo di rilevanza pubblica ma discendente di un’illustre famiglia della Serenissima, che a seguito del sodalizio con la famiglia Loredàn e del successivo matrimonio con Lucetta, figlia di Francesco Loredan, aveva ricevuto in eredità l’ampio fondo della Vespara nei pressi della Fratta.
Seguendo una tendenza molto diffusa nell’aristocrazia veneziana dopo la Lega di Cambrai, nel rivolgere attenzioni all’entroterra per favorire i propri investimenti sentiva la necessità di creare un presidio dal quale amministrare la proprietà, e allo stesso tempo di manifestare il prestigio economico raggiunto attraverso una villa di adeguate caratteristiche. Procedette pertanto alla bonifica della Vespara e all’acquisizione di altri fondi in località Bragola, ove diede avvio alla costruzione della villa progettata da Andrea Palladio con duplice valenza economica ed estetica.
Costruita e abitata nel 1556, la villa doveva essere pertanto funzionale alla conduzione dei campi e insieme segno visibile della presenza, per così dire feudale, dei Badoer sul territorio: non a caso l’edificio sorge sul sito di un antico castello medievale. Palladio riesce a unire in una sintesi efficace entrambi i significati, collegando il maestoso corpo dominicale alle due barchesse piegate a semicerchio che schermano le stalle e altri annessi agricoli.
La villa risulta ancora in fase di costruzione nel 1557, comparendo in una mappa degli ingegneri Nicolò dal Cortivo e Giacomo Castaldo presentata proprio ai fini della rilevazione dei fondi da bonificare, mentre da una dichiarazione ai Dieci Savi dello stesso Francesco Badoer è certamente completa nel 1564-1566.
La presenza dello stemma di alleanza tra le due famiglie nella decorazione pittorica resta a testimonianza del sodalizio Badoer-Loredan, che si può considerare alle origini delle vicende che portarono alla costruzione della villa.
Della storia posteriore alla costruzione della villa non si hanno che i passaggi di proprietà: i Mocenigo poi i Gradenigo, i Del Vecchio Bianchini e infine i Cagnoni-Boniotti, che furono gli ultimi proprietari, dopo di che la villa fu venduta da questi ultimi allo Stato, divenendo proprietà dell’Ente per le ville venete e infine della Provincia di Rovigo, rendendo possibile la conduzione dei restauri. Dal 1996 la villa palladiana è stata inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.
Dal 21 febbraio 2009 le barchesse settentrionali della villa ospitano il museo archeologico nazionale di Fratta Polesine.
Palladio
Andrea nacque nel 1508 a Padova, nella Repubblica di Venezia, da una famiglia di umili origini: il padre Pietro, detto “della Gondola” era mugnaio e la madre Marta, detta la Zota (“la zoppa”), una donna di casa.
A tredici anni Andrea iniziò a Padova l’apprendistato di scalpellino, presso Bartolomeo Cavazza: vi spese diciotto mesi, fino a quando, nel 1523, la famiglia si trasferì a Vicenza. Qui nel 1524 Andrea risulta già iscritto alla fraglia dei muratori[9]: lavorò infatti – rimanendovi per una dozzina d’anni – nella bottega del costruttore Giovanni di Giacomo da Porlezza e dello scultore Girolamo Pittoni, con laboratorio in Pedemuro San Biagio, nella parte settentrionale di Vicenza.
Tra il 1535 e il 1538 avviene l’incontro fondamentale con il conte vicentino Giangiorgio Trissino dal Vello d’Oro, che avrà grande importanza per l’attività di Palladio. Andrea conosce Trissino mentre lavora nel cantiere della sua villa suburbana di Cricoli. Giangiorgio Trissino, poeta e umanista, lo prenderà sotto la sua protezione. Sarà lui a conferirgli l’aulico soprannome di Palladio, lo guiderà nella sua formazione culturale e allo studio della cultura classica, conducendolo più volte a Roma. In questi anni Palladio realizza le sue prime opere significative, fra cui la villa di Gerolamo Godi (1537) a Lonedo di Lugo di Vicenza.
Nel 1534 Andrea sposò Allegradonna, di cui non si sa quasi nulla, salvo che era orfana del falegname Marcantonio e lavorava presso la nobildonna Angela Poiana. Di figli ne misero al mondo almeno cinque.
Palladio morì nel 1580 a 72 anni, se non povero, godendo di una condizione economica assai modesta. Le circostanze della sua morte rimangono sconosciute: non è nota né la causa, né il giorno preciso (nell’agosto del 1580, intorno al 19), né il luogo, che comunque la tradizione identifica con Maser, dove forse stava lavorando al tempietto di villa Barbaro. I funerali furono celebrati senza clamore a Vicenza, dove l’architetto – grazie all’intercessione della famiglia Valmarana – fu sepolto presso la chiesa di Santa Corona. ( Wikipedia )
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