LIBRO: I Morti e i Vivi dell’ARMIR di Fidia Gambetti

GAMBETTI: I MORTI E I VIVI DELL’ARMIR, 1953

L’8ª Armata italiana (conosciuta anche come Armata italiana in Russia – ARMIR) fu la grande unità del Regio Esercito che tra luglio 1942 e marzo 1943 operò sul fronte orientale, in appoggio alle forze tedesche della Wehrmacht impegnate sul fronte di Stalingrado. Al comando del generale Italo Gariboldi l’8ª Armata venne inquadrata all’interno dell’Heeresgruppe B di Maximilian von Weichs, e schierata sul medio Don a protezione dell’ala sinistra delle forze tedesche che in estate avevano dato il via all’assalto della città di Stalingrado.

Le forze di Gariboldi vennero quindi utilizzate per l’occupazione statica di un tratto del fronte del Don lungo duecentosettanta chilometri, tra Pavlovsk e la foce del fiume Chopër, dove fin dai primi giorni furono impegnate a resistere a continui e logoranti attacchi sovietici. La dislocazione definitiva delle unità italiane, rinforzate anche da alcune divisioni tedesche, terminò solo agli inizi di novembre, appena pochi giorni prima l’inizio dell’offensiva sovietica contro le armate rumene a nord e a sud di Stalingrado. Dopo aver travolto le forze rumene, il 23 novembre l’Armata Rossa accerchiò la 6ª Armata tedesca a Stalingrado, e tutto ciò finì per avere gravi ripercussioni sull’8ª Armata, la quale si trovò con l’ala destra scoperta e le unità tedesche di rinforzo inviate a sostegno altrove.

Il 16 dicembre l’armata italiana venne investita dalle forze sovietiche impegnate nell’operazione Piccolo Saturno, che travolsero il II e il XXXV Corpo d’armata italiano, e causarono lo sfaldamento totale dello schieramento italiano e del distaccamento tedesco-rumeno “Hollidt”. Ne seguì una ritirata disordinata attraverso la pianura sovietica che anticipò di circa un mese il catastrofico ripiegamento del Corpo d’armata alpino a seguito della seconda offensiva invernale sovietica del gennaio 1943. Il Corpo alpino non venne toccato dall’offensiva di dicembre e a gennaio era ancora schierato sul Don, a sud della 2ª Armata ungherese; ma l’11 gennaio scattò la nuova offensiva sovietica, che travolse le difese ungheresi e tra il 15 e il 16 anche quelle del Corpo alpino. Iniziò così una tragica ritirata di due settimane attraverso la steppa russa che si concluse il 31 gennaio, che decretò di fatto la fine dell’esperienza italiana sul fronte orientale e dell’8ª Armata.

Mario Rigoni Stern

Mario Rigoni Stern (Asiago, 1º novembre 1921 – Asiago, 16 giugno 2008) è stato un militare e scrittore italiano. Il suo romanzo più noto è Il sergente nella neve (1953), un’autobiografia della ritirata di Russia.

Nel 1953, con il libro autobiografico Il sergente nella neve, pubblicato da Einaudi, Rigoni Stern racconta la sua esperienza di sergente degli alpini nella disastrosa ritirata di Russia durante la seconda guerra mondiale.

Con quest’opera egli si colloca all’interno della corrente narrativa neorealista. Il libro viene pubblicato su indicazione di Elio Vittorini, conosciuto da Rigoni Stern nel 1951, che suggerì alcune piccole modifiche stilistiche. Il testo è ricco di ricordi, immagini, storie che presentano analogie di situazioni, temi e umanità con i libri scritti da Primo Levi e Nuto Revelli, aventi come soggetto gli anni di guerra e le storie degli uomini che vissero quel periodo.

A proposito della Guerra di Russia dirà in seguito ….

«I russi erano dalla parte della ragione, e combattevano convinti di difendere la loro terra, la loro casa, le loro famiglie. I tedeschi d’altra parte erano convinti di combattere per il grande Reich. Noi non si combatteva né per Mussolini, né per il Re, si cercava di salvare la nostra vita.»

(da Ritratti: Mario Rigoni Stern di Carlo Mazzacurati e Marco Paolini) [ Wikipedia ]

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Aggiornato al 2 Gennaio 2024