Letture Estive: Libri Rari – Proposte by Libreria Aiace Roma Montesacro

Stirner: un Vagabondo dello Spirito

In una delle risposte che Stirner riserva ai critici del suo Der Einzige und sein Eigenthum, ovvero quella diretta a Kuno Fischer, troviamo, implacabile e loquace, questa sentenza: « Feuerbach dimentica che l’“uomo” non esiste, che esso è un’astrazione arbitraria. Ma egli lo colloca come ideale. Qual meraviglia che l’“uomo” diventi allora un misterioso impersonale essere generico, corredato di forze misteriose».
In poche righe le fondamenta su cui poggia l’architettura antropologica costruita da Feuerbach nell’Essenza del cristianesimo cedono sotto il peso di una denuncia senza mezzi termini: «l’uomo come tale, l’uomo di per sé» – di cui Feuerbach ha cercato appunto di tracciare la consistenza essenziale – non esiste, è «un’astrazione arbitraria» e, dunque, priva di qualsivoglia valore oggettivo o fondamento ontologico. Lo spiazzante ammonimento che qui Stirner lancia a Feuerbach è estremamente rilevante: non solo perché, in qualche modo, preannuncia e introduce delle questioni sulle quali si soffermeranno autori quali Nietzsche e più tardi Foucault, ma poiché in esso si condensano diversi motivi polemici dell’Unico, i quali convergono in una generale critica dell’umanismo e della domanda a esso sotteso: «che cos’è l’uomo ?».
Si può dire che l’invettiva contro l’umanismo feuerbachiano e il liberalismo umanitario – che intorno a quello si andava formando all’epoca in
cui Stirner scrive – percorre tutta l’opera stirneriana, la cui prima parte è significativamente intitolata «L’Uomo». La specifica preoccupazione di Stirner di isolare e problematizzare l’apparentemente innocuo e, in fondo, legittimo interrogativo umanista e il desiderio teoretico che lo accompagna, è motivata dalla volontà di mostrare la palese complicità che questi tradiscono. ( Tratto da Unimi di Michele Mosca )

L’Attentato di Via Rasella a Roma

L’attentato di via Rasella fu un’azione della Resistenza romana condotta il 23 marzo 1944 dai Gruppi di Azione Patriottica ( GAP ), unità partigiane del Partito Comunista Italiano, contro un reparto delle forze d’occupazione tedesche, l’11ª Compagnia del III Battaglione del Polizeiregiment “Bozen”, appartenente alla Ordnungspolizei ( Polizia d’ordine ) e composto da reclute altoatesine.

Le motivazioni dell’attentato sono diverse: secondo un’intervista resa nel 1946 dal gappista Rosario Bentivegna, «scuotere la popolazione, eccitarla in modo che si sollevasse contro i tedeschi»; secondo la deposizione di Giorgio Amendola al processo Kappler (1948), indurre i tedeschi al rispetto dello status di Roma città aperta smilitarizzando il centro urbano; secondo la Commissione storica italo-tedesca (2012), contrastare l’occupante e «scuotere la maggioranza della popolazione civile dallo stato di attesa passiva in cui versava».

Fin dalle prime reazioni, l’attentato è stato al centro di una lunga serie di controversie ( anche in sede storiografica ) sulla sua opportunità militare e legittimità morale, che lo hanno reso un caso paradigmatico della «memoria divisa» degli italiani.

Nella tarda serata del 23, mentre già era in corso di compilazione la lista degli ostaggi da fucilare, Kappler diede ordine di cercare gli attentatori, ma senza curarsi dell’esecuzione di tale direttiva e senza attivare la polizia italiana; secondo la sentenza di primo grado del processo a suo carico (1948), «La ricerca degli attentatori non costituì l’attività prima del comando di polizia tedesca, ma fu effettuata in maniera blanda come azione marginale e successiva alla preparazione degli atti di rappresaglia». Né la radio tedesca né quella repubblichina diedero notizia dell’attentato (fu anzi diramata una velina con l’ordine di non parlarne).

Nell’eccidio delle Fosse Ardeatine, compiuto il 24 marzo, furono uccisi quasi tutti i detenuti nelle carceri di via Tasso e Regina Coeli, tra cui il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo e Pilo Albertelli, comandanti rispettivamente della resistenza militare e delle Brigate Giustizia e Libertà del Partito d’Azione. Soltanto il giorno dopo, a mezzogiorno del 25 marzo, i tedeschi diedero (assieme alla notizia di avere già eseguito la rappresaglia) notizia ufficiale dell’attentato, mediante la pubblicazione sui giornali del seguente comunicato, che era stato emanato dal comando tedesco di Roma alle 22:55 del 24 marzo:

«Nel pomeriggio del 23 marzo 1944, elementi criminali hanno eseguito un attentato con lancio di bomba contro una colonna tedesca di Polizia in transito per via Rasella. In seguito a questa imboscata, 32 uomini della Polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti. La vile imboscata fu eseguita da comunisti badogliani. Sono ancora in atto indagini per chiarire fino a che punto questo criminoso fatto è da attribuirsi ad incitamento anglo-americano.

Il Comando tedesco è deciso a stroncare l’attività di questi banditi scellerati. Nessuno dovrà sabotare impunemente la cooperazione italo-tedesca nuovamente affermata. Il Comando tedesco, perciò, ha ordinato che per ogni tedesco ammazzato dieci criminali comunisti-badogliani saranno fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito.» ( Fonte: Wikipedia )

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Il Pinocchio reinterpretato da Dossi & Motta

Il Pinocchio dell’editore Renato Bianconi è disponibile ancora oggi grazie alla Casa editrice Cliquot. A Collodi, Bianconi ha soltanto chiesto in prestito il personaggio, l’ambientazione e i personaggi comprimari: per il resto, il burattino disegnato da Sandro Dossi vive avventure a sé stanti. Non è dunque una trasposizione a fumetti del romanzo ma ne utilizza i protagonisti e l’universo narrativo per dar vita a storie del tutto nuove: naturalmente semplici e ilari come da tradizione bianconiana. Il Pinocchio bianconiano comparve in edicola tra il 1974 e il 1980, sull’onda del successo dello sceneggiato televisivo firmato da Luigi Comencini, dopo che si erano liberato i diritti del personaggio. 

STORIA EDITORIALE: Nel 1973, a seguito dell successo dello sceneggiato televisivo Le avventure di Pinocchio dell’anno precedente, Alberico Motta, insieme ai colleghi fumettisti delle Edizioni Bianconi, Sandro Dossi e Pierluigi Sangalli, propose all’editore una serie a fumetti ispirata al personaggio di cui, tra l’altro, erano anche da poco scaduti i diritti d’autore.

La serie venne pubblicata come albo a fumetti per 95 numeri suddivisi in due serie dal 1974 al 1980. Testi e disegni sono prevalentemente di Tiberio Colantuoni e Alberico Motta con collaborazioni di Pierluigi Sangalli e Sandro Dossi; dal 1976 le storie vengono affidate a Nicola Del Principe che introduce nella testata altri personaggi tra cui Lupo Gianni, Polibio, Lion Rock e Lillone. Dopo la conclusione, la serie venne ristampata nel 1983 nella collana R.A.F.; nel 1988 alcune storie vennero ristampate nella nuova testata omonima che venne pubblicata dal 1988 al 1993 per 16 numeri. ( Wikipedia )

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La Certosa di Trisulti

Una prima abbazia benedettina fu fondata nel 996 da san Domenico di Sora: di essa restano alcuni ruderi a poca distanza dall’odierno complesso. L’abbazia attuale fu costruita nel 1204 nei pressi della precedente, ma in un sito più accessibile, per volere di papa Innocenzo III dei conti di Segni e fu assegnata ai Certosini. La chiesa abbaziale di San Bartolomeo fu consacrata nel 1211. Il nome Trisulti deriva dal latino tres saltibus che è il nome con cui veniva chiamato un castello del XII secolo gestito dai Colonna e che dominava i tre valichi ( i “salti” ) che immettevano rispettivamente verso l’Abruzzo, verso Roma e verso l’area meridionale dello Stato della Chiesa. Tale castello è andato distrutto, ne rimangono alcune rovine. In seguito il nome si estese a tutta la zona situata su tre appendici (tres saltibus) del monte Rotonaria. Il complesso nel corso dei secoli è stato ampliato e modificato più volte, e si presenta attualmente con forme essenzialmente barocche. Nel 1947 è passato alla Congregazione dei Cistercensi di Casamari. La chiesa è dedicata alla la Vergine Assunta, a san Bartolomeo e al fondatore dei certosini san Bruno ed è stata più volte rimaneggiata, cosicché all’originaria struttura gotica si è sovrapposto un impianto decorativo barocco; la facciata è del 1798 ed è stata realizzata dall’architetto Paolo Posi. L’interno è suddiviso da un’iconostasi in due parti: quella dei conversi e quella dei padri, conformemente alla tradizione certosina. Alla base dell’iconostasi trovano posto i resti di due martiri cristiani, in seguito vestiti da cavalieri. Notevoli i due cori lignei: uno, del 1564, è opera del certosino Mastro Iacobo, mentre l’altro è stato realizzato nel 1688 per opera del certosino fratello Stefano. Nella chiesa sono conservate pregevoli opere pittoriche di Filippo Balbi, tra cui un dipinto sulla strage degli innocenti. Gli affreschi della volta, raffiguranti una Gloria del Paradiso, sono stati realizzati da Giuseppe Caci nel 1683; sua è anche la pala d’altare che raffigura una Madonna in trono con il Bambino e i santi Bartolomeo e Bruno.

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Sommergibile Ammiraglio Millo

Dal maggio all’ottobre 1941 fu impegnato nell’addestramento dell’equipaggio, divenendo effettivamente operativo il 15 settembre. Per via delle sue grandi dimensioni fu adibito al trasporto di rifornimenti. Il 6 marzo 1942 fu dislocato a sudest di Malta nell’ambito dell’operazione «V. 5», a protezione di un convoglio italiano carico di rifornimenti diretti in Libia (il Millo, assieme ad altri sommergibili, avrebbe dovuto attaccare delle eventuali unità di superficie partite da Malta per attaccare il convoglio). Sei giorni dopo, non avendo trovato navi nemiche, intraprese la navigazione di rientro. Alle 13.23 del 14 marzo, mentre, proveniente da Capo dell’Armi, navigava a zig zag in superficie alla volta di Taranto per rientrare in porto, fu avvistato dal sommergibile britannico Ultimatum, che gli lanciò una sventagliata di quattro siluri: due delle armi andarono a segno rispettivamente a centro nave e a poppavia della torretta, provocando il repentino affondamento del Millo in posizione 38°27′ N e 16°37′ E (al largo di Punta Stilo). Affondarono con il sommergibile il comandante Amato, altri due ufficiali e 52 fra sottufficiali e marinai ( altre fonti indicano un totale di 57 vittime ), mentre il comandante in seconda tenente di vascello Marcello Bertini (che nel dopoguerra scrisse per l’ufficio storico della marina un fondamentale testo sui sommergibili italiani in Mediterraneo), altri tre ufficiali, due sottufficiali e otto marinai furono tratti in salvo ( e catturati ) dall’Ultimatum. Un ultimo sopravvissuto, il sergente elettricista Lingua, fu salvato da una barca partita dalla costa ( da dov’era stato visto l’affondamento ) alle 14.08. ( Wikipedia )

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Napoleone & L’Industria Tessile nel Salernitano

Durante il regno di Gioacchino Murat (1808-1815) alcune famiglie svizzere avviarono l’industria tessile nell’Agro Nocerino Sarnese. Il principale motivo di questa emigrazione è l’embargo Napoleonico ai produttori ed esportatori inglesi ed americani, che danneggiava indirettamente i tessitori svizzeri. Questi avevano convenienza a trasferire le loro produzioni nel sud Italia, dove trovavano fiumi (per la forza motrice), mano d’opera contadina, già esperta di tessitura che era presente in zona in forma di artigianato e produzione domestica, ed estese coltivazioni di cotone. Inoltre, dapprima il regno napoleonico, e in seguito quello borbonico, applicarono diversi incentivi economici. Gli stabilimenti delle Manifatture Cotoniere Meridionali di Fratte di Salerno.
Nel 1835[2] l’area dell’Irno presentava dunque già una certa concentrazione di industria tessile. Federico Alberto Wenner, un industriale svizzero, giunto a Salerno nel 1829, fonda insieme ad altri suoi connazionali le industrie tessili di Fratte di Salerno. Nel 1918 vengono nazionalizzati gli stabilimenti, con il nome di Manifatture Cotoniere Meridionali s.p.a., che nel frattempo erano passate al figlio Roberto Wenner. Oltre all’industria di Fratte il gruppo comprendeva gli stabilimenti campani di Poggioreale, Angri, Nocera, Piedimonte, Pellezzano e il Cotonificio di Spoleto. ( Wikipedia )

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La Via della Sete

Le “Vie della Sete” sono i sentieri tortuosi percorsi da Ardito Desio durante le scorribande scientifiche che fece, a partire dal 1926, fino al 1940. Nel 1930 Ardito Desio visitò, per scopi geologici, la Cirenaica e la Sirtica e nel 1931, per incarico dell’Accademia d’Italia presieduta da Guglielmo Marconi, attraversò il Sahara libico con una grande carovana di cammelli, rientrando alla costa attraverso il Fezzan orientale. Anche in questa occasione compì studi di carattere geologico e geomorfologico, pubblicati in quattro volumi. Nel 1932 visitò a scopo geologico il retroterra cirenaico fra le oasi di Giarabub, Gialo, Marada e la costa del Mediterraneo. Nel 1933 diresse una spedizione italiana che operò nell’Iran, scalando per la prima volta parecchie cime superiori a 4000 m nella catena dello Zagros e il Demavend ( 5771 m ) per il versante ovest. In questa occasione segnalò la presenza di piccoli ghiacciai in quel paese. Dal 1936 venne incaricato dal governo della Libia di creare il Museo Libico di Storia Naturale e di dirigere le ricerche geologico-minerarie e di acque artesiane nel sottosuolo. Scoprì un giacimento di sali di magnesio e potassio (carnallite) nell’oasi di Marada e l’esistenza di idrocarburi nel sottosuolo libico, estraendo nel 1938 i primi litri di petrolio. Il programma di ricerche petrolifere per il triennio successivo – da sviluppare con il concorso dell’AGIP – prevedeva, nel quadro dei suoi studi sull’intero territorio libico (sintetizzati nella sua carta geologica di tutta la Libia), indagini nella Sirtica, da lui studiata per la prima volta dal punto di vista geologico, ed è proprio in quell’area che vari anni dopo vennero trovati da società statunitensi i maggiori giacimenti di idrocarburi della Libia. Lo scoppio della guerra impedì lo sviluppo di tale programma: comunque, prima di lasciare quel paese, 18 dei pozzi perforati per ricerche idriche davano manifestazioni di petrolio. Nel 1936 individuò una ricchissima falda acquifera artesiana che venne impiegata per l’irrigazione di vaste aree della provincia di Misurata e che consentì la colonizzazione e la trasformazione agraria di quel territorio semidesertico. Nello stesso anno prese parte al primo volo sul massiccio del Tibesti (Sahara Orientale) e lungo i confini meridionali della Libia, organizzato dal governatore Italo Balbo. Nello stesso anno effettuò l’esplorazione geologica del Fezzan (per incarico della Società Geografica Italiana), di cui illustrò per la prima volta la costituzione geologica. Nel 1937 e 1938 effettuò due missioni geologico-minerarie nell’ovest etiopico (Uollega e Beni Shangul) fra il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro, ove trovò giacimenti di oro, molibdenite e mica. La sua missione venne assalita dai ribelli perdendo parecchi uomini, fra i quali due dei cinque italiani. Nel 1940 diresse una spedizione geologica nel Tibesti, esplorandone il settore nord-orientale. Nello stesso anno organizzò e diresse anche una missione geologico-mineraria in Albania (bacino del Drin Nero) per ricerche di platino, missione interrotta dalle vicende belliche. ( Wikipedia )

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Libreria Aiace Roma via Ojetti 36 Montesacro – Nomentana – Talenti

La libreria Aiace di via Ugo Ojetti 36, Roma, è un punto speciale per i lettori e le lettrici di Roma. Ci potete trovare saggi, romanzi, riviste, raccolte di poesie a prezzi incredibili, perché la caratteristica comune a tutti questi libri è che sono usati. Nessun imbarazzo, quindi: aprendo a caso una pagina o iniziando a divorare il testo non si ha la sensazione di profanare qualcosa di sacro che andrebbe conservato così com’è, bianco, immacolato e senza orecchie laterali. Qualcuno prima di voi ha già letto quel libro e lo ha già arricchito di quella patina antica che lo rende così prezioso.

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