18 – LIBROTECA – Libri Rari & d’Occasione by Libreria Aiace

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Walt Whitman, il padre della Poesia americana

Walt Whitman ( West Hills, 31 maggio 1819 – Camden, 26 marzo 1892 ), è stato un poeta, scrittore e giornalista statunitense. Considerato il padre della poesia americana, è stato il primo poeta moderno ad utilizzare comunemente il verso libero, di cui è considerato in un certo senso l’inventore. La sua opera più famosa, la raccolta poetica Foglie d’erba, pubblicata in diverse edizioni a partire dal 1855, è considerata un classico della letteratura, così come la sua celeberrima poesia O capitano! Mio capitano!

Fu cantore della democrazia, della libertà e di un ideale visionario che pone l’uomo come momento centrale rispetto al senso di percezione e comprensione delle cose. Cantò, soprattutto, l’essenza di quello che diventerà successivamente il «sogno americano».

Quando Whitman iniziò la sua carriera letteraria, la poetica americana non faceva altro che ripetere fiaccamente gli schemi già proposti ed esauriti dal Romanticismo europeo. Walt, inorridito, li scartò subito come «feudali» e, con eccezionale audacia, ruppe con ogni tradizione, portando una ventata di novità nel Nuovo Mondo. Varie sono state le innovazioni apportate dal misticismo poetico di Whitman: la sua poesia, dallo stile perlopiù prosaico, faceva spesso ricorso ad arditi simbolismi, come foglie marce, ciuffi di paglia, e detriti. Lo spirito whitmaniano si manifestava anche nell’utilizzo del verso libero – di cui è considerato il padre per averlo effettivamente diffuso, anche se l’effettiva paternità va ricondotta ai laudari del Duecento – e nell’apertura più totale ad argomenti considerati difficili, come la morte o la prostituzione.

Tra l’altro, Whitman nella prefazione dell’edizione del 1855 di Foglie d’erba scrisse che «la prova di un poeta è che il suo paese lo assorba tanto affettuosamente quanto lo ha assorbito lui». Credeva che ci fosse un rapporto vitale, simbiotico fra il poeta e la società. Questo legame venne enfatizzato soprattutto ne Il canto di me stesso, utilizzando un’efficace narrazione in prima persona. Inoltre, i racconti di Whitman non erano popolati da eroi ma da gente comune, come contadini, pescatori, vagabondi. ( Wikipedia )

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La libreria Aiace di via Ugo Ojetti 36, Roma, è un punto speciale per i lettori e le lettrici di Roma. Ci potete trovare saggi, romanzi, riviste, raccolte di poesie a prezzi incredibili, perché la caratteristica comune a tutti questi libri è che sono usati. Nessun imbarazzo, quindi: aprendo a caso una pagina o iniziando a divorare il testo non si ha la sensazione di profanare qualcosa di sacro che andrebbe conservato così com’è, bianco, immacolato e senza orecchie laterali. Qualcuno prima di voi ha già letto quel libro e lo ha già arricchito di quella patina antica che lo rende così prezioso.

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Libri & Letture

 

Lettura & Meditazione by Libreria Montesacro Roma

La Pace e la Mimosa

Questo libro racconta la storia di un’associazione femminile che può essere considerata tra le protagoniste dell’Italia repubblicana. L’Unione donne italiane è stata infatti artefice e testimone di un passaggio epocale per la storia del nostro paese, vale a dire il riconoscimento del diritto al suffragio femminile. Patrizia Gabrielli affronta l’analisi delle identità politiche e di genere alla luce del dibattito storiografico, delle esperienze dei movimenti politici e dei singoli soggetti, in una sorta di andirivieni tra memoria, storia e storiografia. L’autrice ripercorre la storia dell’Udi e delle sue militanti in rapporto con quella del Pci, il partito che ne è stato in qualche modo l’ispiratore, sottolineando le differenze che hanno marcato le strategie di edificazione della memoria nelle due organizzazioni politiche. Un particolare accento viene posto sulla recente intraprendenza dell’Udi, per la quale la produzione di memoria si configura come un obiettivo politico. Attraverso una ricerca su fonti a stampa e d’archivio il libro esamina il rapporto tra donne, storia e memoria partendo da due specifici casi. Il primo riguarda l’edificazione di una memoria della Resistenza da parte delle donne, con particolare considerazione sia per il modello della donna partigiana, sia per l’attività dell’Associazione vedove di guerra e capofamiglia. Il secondo illustra il rapporto tra l’Udi e la tradizione femminista di primo Novecento e mette in risalto la scelta, compiuta a fini pedagogici dalla rivista «Noi donne», di proporre alle lettrici le biografie di eroine del Risorgimento e di suffragiste come possibili modelli cui ispirarsi, anche sul piano della legittimazione politica. ( Fonte: Donzelli )

Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari

Il museo raccoglie oggetti che testimoniano le arti e le tradizioni popolari tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX, documentando la vita quotidiana, il lavoro e la religiosità popolare nel periodo precedente all’industrializzazione. Il nucleo principale delle collezioni venne raccolto alla fine dell’800 e nei primissimi anni del ‘900 dall’etnologo Lamberto Loria (1855-1913) e venne esposto alla Mostra etnografica, tenutasi in Piazza d’Armi (oggi Piazza Mazzini) nel 1911 in occasione delle celebrazioni del Cinquantenario dell’Unità d’Italia. Le collezioni, arricchite di numerose acquisizioni e donazioni, sono state collocate nell’attuale sede dell’EUR nel 1956. Il Museo ospita inoltre mostre tematiche su arti e tradizioni popolari italiane ed estere, nonché mostre di arte contemporanea di autori le cui opere sono realizzate con metodi e materiali riconducibili alla tradizione. ( Wikipedia )

Grazia Deledda: i Luoghi gli Amori e le Opere

Attraverso una narrazione avvincente, questo libro racconta la vita di una grande scrittrice e la fortissima vocazione artistica che la portò a vincere meritatamente il premio Nobel.  Le opere principali di Grazia Deledda sono: Canne al vento, Edera, Elias Portolu, Cenere – EDERA viene pubblicato per la prima volta nel 1907 in lingua francese e tedesca, e solo l’anno dopo in Italiano. Il romanzo si svolge in Sardegna e racconta la storia della famiglia Decherchi, una famiglia un tempo nobile e ricca e ora attanagliata dai debiti. Per far fronte alle spese i Decherchi ospitano nella loro casa “ziu Zua”, un parente anziano e infermo ma ricco e in grado di aiutare la famiglia nelle spese in cambio di assistenza. Le cure sono affidate alla giovane Annesa, la protagonista del romanzo, entrata a far parte della famiglia Decherchi in gioventù, dopo essere stata adottata. Col tempo le condizioni dell’anziano ziu Zua peggiorano e con loro il suo carattere: tutti i membri della famiglia, e in particolare Annesa, diventano oggetto dei suoi feroci attacchi verbali. Nello stesso tempo nasce un forte sentimento tra Annesa e Paulu, il capofamiglia. Le vicissitudini della famiglia Decherchi vengono prese a pretesto per raccontare quella che, nella realtà sarda dell’epoca era una condizione comune di impoverimento generale a livello economico e di deperimento dei rapporti umani: Paulu è dipinto come un inetto ed è il principale responsabile della disastrosa situazione economica della famiglia, cui cerca di rimediare circuendo le ricche vedove del luogo; della figura di Annesa è evidente soprattutto la sua sottomissione, la sua incapacità di imporre sé stessa condannandosi ad una vita difficile.

 

Storia e Cronologia Medioevale e Moderna

Nel 1908 Vincenzo Casagrandi, ordinario di storia antica nell’università di Catania, un po’ irritato della persistente credulità di molti concittadini nell’origine fantastica dello stemma municipale dell’elefante, denuncia su l’«Archivio storico della Sicilia Orientale» la «combricola di falsari di documenti costituitasi in Catania ed in Acireale nella prima metà del secolo XVII sotto l’ispirazione di Ottavio D’Arcangelo».3 Secondo presunti documenti inventati da D’Arcangelo, nel 2400 a. C. la città di Catania, guidata da re Cocalo, riporta una decisiva vittoria contro i Libici che l’hanno assediata con un immenso esercito di fanti, cavalieri e, per l’appunto, elefanti; altri documenti proverebbero l’origine del castello Ursino nientemeno che da Saturno, padre di Giove. La “combricola” di falsari, all’opera a Catania nella prima metà del ‘600, con l’obiettivo di elevare il prestigio ed il rango della città nei confronti di Messina e Palermo, comprende un bel manipolo di studiosi, più o meno noti, incoraggiati dalle autorità locali con in testa il vescovo Ottavio Branciforte (1638- 1646). Capofila e anima di questa «vera officina di falsi continuati» è Ottavio D’Arcangelo, nobile e cancelliere del Senato, che dai suoi viaggi a Roma riporta a Catania monete antiche e manoscritti forniti da falsari professionisti;5 monete, lettere, discorsi, iscrizioni, leggende, quasi tutti falsi, sono raccolti in due farraginosi tomi rimasti manoscritti: Istoria delle cose insigni e famose successe di Catania clarissima città della Sicilia, del monte Etna […] (1621) e Secondo volume dell’Istoria delle cose insigni e famose successe di Catania, dette la Cataneide moderna (1633). ( Tratto da: Paolo Preto )

Lazio Virgiliano

Nell’area metropolitana della Capitale d’Italia ci sono le testimonianze di un’antica civiltà che è “astratta” ( cioè estirpata ), ignorata e nascosta: è la civiltà dei Latini. Gli antichi Latini sono stati identificati e confusi con i Romani come se Latinità e Romanità fossero la stessa cosa. Roma, in realtà, ha una storia ed un’anima latina continuamente mortificata dalla romanità e gli antichi Romani, come è noto, non parlavano “romano”, ma “latino” che era la lingua del loro contesto territoriale di appartenenza: il Latium. Tra Roma ed il Latium il rapporto è quello della Parte con il Tutto. La confusione dei Latini con i Romani è la conseguenza di una perdita di memoria legata a luoghi, paesaggi e contesti di quella parte dell’area metropolitana della Provincia di Roma, a sud del Tevere, che Virgilio, nell’Eneide, valorizzò a suo modo elaborando un mito locale della latinità che è alla base dell’immaginario mediterraneo, della cultura europea e della civiltà occidentale. Il poeta Virgilio, che fu ritenuto anche un Veggente ed un Profeta, ci invita a conoscere i Latini perché erano ospitali ed avevano un senso innato della giustizia: l’invito si trova nel settimo libro dell’Eneide come un messaggio in una bottiglia che, dopo aver attraversato il grande mare della Storia, è giunto, finalmente, a destinazione come dimostra questa rivista ideata, scritta ed illustrata da chi è nato e vive nei luoghi virgiliani delle origini latine di Roma. ( Giosuè Auletta )

La Storia della Fontana Pretoria da Firenze a Palermo

La fontana fu realizzata per il giardino di don Luigi Álvarez de Toledo y Osorio a Firenze,[3] su un terreno ottenuto dalle suore del convento di San Domenico al Maglio nel 1551 dopo molte pressioni. Su questo terreno in seguito sarebbe stato costruito, a partire dal 1584, il palazzo di San Clemente ancora oggi esistente. Spinto dai debiti ed in procinto di spostarsi a Napoli, don Luigi, grazie al fratello don García Álvarez, riuscì nel 1573 a vendere la fontana alla città di Palermo, essendo pretore Giovanni Villaraut, barone di Prizzi, circostanza che vale l’appellativo di Fontana del Pretore. Don Garçia, che era stato viceré di Sicilia, era in buoni rapporti con il Senato palermitano, che decise di acquistare la fontana e di collocarla nella piazza su cui prospetta il Palazzo Pretorio. Luis di Toledo, García Álvarez ed Eleonora di Toledo sono entrambi figli di Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, viceré di Napoli. Eleonora fu la prima moglie di Cosimo I de’ Medici. La fontana giunse a Palermo il 26 maggio 1574 smontata in 644 pezzi dei quali 112 imballati in 69 casse. Per far posto alla monumentale realizzazione, concepita per un luogo aperto, furono demolite diverse abitazioni. La fontana tuttavia non arrivò completa e alcune sculture si erano rovinate durante il trasporto, mentre altre forse furono trattenute dal proprietario. Tra queste sono da considerare probabilmente le due Divinità nel Museo del Bargello a Firenze, e altre statue che vennero collocate nel giardino privato di don Luigi a Napoli ( che alla sua morte furono portate nel giardino del Palazzo di Sotofermoso di Abadía nella provincia di Cáceres, di proprietà della famiglia Toledo ). A Palermo furono quindi necessari alcuni adattamenti nella ricomposizione dei pezzi e ne vennero aggiunti altri. ( Wikipedia )

Guida Archeologica di Roma

Tra il 1926 e il 1929 i lavori di demolizione del vecchio quartiere compreso tra via del Teatro Argentina, via Florida, via S. Nicola de’ Cesarini e corso Vittorio Emanuele per la costruzione di nuovi edifici, riportarono inaspettatamente alla luce uno dei più importanti complessi archeologici della città: una vasta piazza lastricata su cui sorgono quattro templi, comunemente indicati con le prime quattro lettere dell’alfabeto, poiché la loro identificazione non è ancora del tutto certa. Nel 1927, infatti, l’eccezionalità dei ritrovamenti aveva indotto il Governatorato a sospendere la concessione della licenza di costruzione e ad estendere le ricerche archeologiche. L’area fu inaugurata il 21 aprile del 1929 da Benito Mussolini e da allora la sua sistemazione non ha subito modifiche di rilievo. E’ da notare che la denominazione “Argentina” con cui è nota l’area archeologica, deriva da Argentoratum, attuale Strasburgo, città di origine di Johannes Burckardt (Giovanni Burcardo), cerimoniere di Alessandro VI Borgia,anche noto come il vescovo argentinensis. Egli infatti chiamò Argentina la torre inclusa nel suo palazzo di via del Sudario, oggi sede del Museo Teatrale. Tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. sull’originario piano di campagna, costituito da terra battuta e ghiaia fu costruito il tempio C. Posto su un alto podio di tufo e preceduto da una scalinata, era dedicato probabilmente alla dea Feronia. Il culto, originario della Sabina, sarebbe stato introdotto a Roma dopo la conquista di questo territorio ad opera di M. Curio Dentato nel 290 a.C. Allo stesso livello del tempio C, alla metà del III secolo a.C. venne innalzato il tempio A. Di dimensioni molto più piccole del precedente, secondo alcuni studiosi è da identificare con il tempio che Q. Lutazio Catulo, console del 242 a.C., fece costruire in Campo Marzio in onore di Giuturna. Innanzi ai templi A e C furono rinvenute due piattaforme, cui si accedeva tramite quattro gradini, sulle quali erano posti due altari di peperino. L’altare davanti al tempio C è integro e reca l’iscrizione che ne ricorda il rifacimento ad opera di Aulo Postumio Albino, di quello davanti al tempio A, del tutto simile al precedente, si conserva invece solo la cornice inferiore. ( tratto da Sovraintendenza di Roma )

Immagine 1 - Guida archeologica di Roma. La più grande metropoli... - Pavia Carlo, 21a22

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Libri & Letture

Aggiornato al 19 Novembre 2023

Passione per i Libri: Libri Rari & d’Occasione a Roma

Magica Roma

Roma fu una città dell’età antica, la cui storia come centro egemone, politicamente e culturalmente, si sviluppò lungo il fiume Tevere nell’antico Latium vetus, per oltre un millennio ( dal 753 a.C. al 476 d.C., continuando poi fino ai nostri giorni ).

Risulta verosimile che Roma sia nata dopo un lungo processo di aggregazione dei villaggi che sorgevano sulle colline circostanti il fiume Tevere ( ad esempio sul Palatium, sul Cermalus o sulla Velia ). Alcuni storici hanno poi creduto di poter disegnare lo sviluppo della città, come segue: la formazione della prima civitas quadrata sul Palatino, in seguito allargata al Septimontium e poi alla città delle quattro regioni. Questa teoria non sembra però essere stata accolta da tutti.

Essa rappresentò la prima grande metropoli dell’umanità ( tanto che il numero di abitanti della Roma Augustea fu raggiunto solamente agli inizi del XIX secolo da Londra ) cuore di una delle più importanti civiltà antiche, che influenzò la società, la cultura, la lingua, la letteratura, l’arte, l’architettura, la filosofia, la religione, il diritto e i costumi dei secoli successivi. Capitale della Repubblica prima e dell’Impero romano poi, estese il suo dominio su tutto il bacino del Mediterraneo e gran parte dell’Europa. ( Wikipedia )

 

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Libri & Letture

Aggiornato al 11 Gennaio 2024

 

LIBRO: Anabasi di Alessandro di Arriano

ARRIANO, ANABASI DI ALESSANDRO, FONDAZIONE VALLA

L’Anabasis Alexandri ( La spedizione di Alessandro ), è un testo redatto in lingua greca dallo storico greco Arriano nel II secolo, ed è la più grande fonte di informazioni su Alessandro Magno.

Oltre che un’eccellente fonte storiografica, il testo rappresenta il più antico resoconto delle avventure del conquistatore Macedone, arrivato completo fino al giorno d’oggi. Arriano fu in grado di usare fonti oggi perdute, come le opere dei coevi Geronimo di Cardia, Callistene (nipote del precettore di Alessandro, Aristotele), Onesicrito, Nearco e Aristobulo di Cassandrea, e le opere di Clitarco di Alessandria, che visse poco dopo le grandi conquiste alessandrine. Il testo di maggiore importanza a cui Arriano ebbe modo di attingere era però la biografia di Alessandro scritta da Tolomeo, uno dei più importanti generali di Alessandro e, probabilmente, suo fratellastro.

L’Anabasis Alexandri è primariamente un saggio di storia militare e si occupa poco della vita personale del conquistatore: non spiega infatti il ruolo ricoperto da Alessandro nella politica Greca, né tratta le ragioni che lo spinsero a portare battaglia in Persia non appena ne ebbe occasione.

Alessandro Magno

Alessandro III di Macedonia, universalmente conosciuto come Alessandro Magno ( Pella, ecatombeone – 20 o 21 luglio 356 a.C. – Babilonia, targelione – 10 o 11 giugno 323 a.C. ), è stato un militare macedone antico, re di Macedonia della dinastia degli Argeadi a partire dal 336 a.C., succedendo al padre Filippo II.

È noto anche come Alessandro il Grande, Alessandro il Conquistatore o Alessandro il Macedone. Il termine “magno” deriva dal latino magnus “grande”. È considerato uno dei più celebri conquistatori e strateghi della storia.

In soli dodici anni conquistò l’intero Impero persiano, un territorio immenso che si estendeva dall’Asia Minore all’Egitto fino agli attuali Pakistan, Afghanistan e India settentrionale. Tale straordinario successo fu dovuto sia a una congiuntura storica eccezionalmente favorevole (le crisi dell’Impero persiano e della Grecia delle poleis, unite all’opera espansionistica già incominciata dal padre) sia a una sua innegabile intelligenza militare e diplomatica. Dotato di grande coraggio e carisma, Alessandro aveva un forte ascendente sui suoi soldati, che spronava anche partecipando personalmente ai combattimenti. Inoltre, egli fu uno dei primi condottieri dell’antichità ad aver capito l’importanza fondamentale della propaganda, sia per guadagnare prestigio nelle proprie fila, sia per incutere timore ai nemici.

Per assicurarsi ciò, Alessandro costituì un’imponente macchina mediatica (si fece accompagnare per tutta la durata della sua campagna da una quantità di storici e redattori di diari giornalieri, tra cui il greco Callistene) e diede estrema importanza nel corso di tutta la spedizione a gesti di forte valenza simbolica e alla divulgazione di leggende sulla propria discendenza da eroi mitici (Eracle e Achille) o persino da vere e proprie divinità. Infine si sforzò in ogni modo di fondere e amalgamare le culture delle diverse etnie che abitavano le terre che si trovò a unificare sotto il suo impero, dimostrando una disposizione al sincretismo estremamente inusuale per un greco del suo tempo. Le sue innumerevoli conquiste diedero alla cultura greca una diffusione universale, dando così avvio al cosiddetto periodo ellenistico.

Alessandro morì a Babilonia nel mese di daisios ( targelione ) del 323 a.C., forse avvelenato, forse per una recidiva della malaria che aveva contratto in precedenza o, secondo teorie più recenti, a causa di una cirrosi epatica provocata dall’abuso di vino o di pancreatite acuta. Dopo la morte del Conquistatore, l’Impero macedone fu suddiviso, non senza molti scontri e guerre, tra i generali che lo avevano accompagnato nelle sue spedizioni. Si costituirono così i cosiddetti regni ellenistici, tra cui quello Tolemaico in Egitto, quello degli Antigonidi in Macedonia e quello dei Seleucidi in Siria e in Asia Minore.

L’eccezionalità del personaggio e delle sue imprese ispirò, già durante la vita ma ancor più dopo la sua morte, un gran numero di leggende ( una famosa è quella della costruzione delle mitiche Porte di Alessandro ) e una sterminata tradizione letteraria e figurativa, in cui il condottiero venne ritratto in sembianza di eroe (ad esempio è spesso scolpito nudo, un trattamento riservato, nella Grecia classica, esclusivamente agli dei o ai semidei). Nella ritrattistica è spesso assimilato ad Achille, di cui Alessandro stesso si considerava diretto discendente per parte di madre.

I racconti storici sul suo conto hanno ben presto assunto colorazioni mitiche, ed è pertanto difficile discernere i fatti storici dalle rielaborazioni fantastiche. Le storie a lui riferite non si ritrovano solo nelle letterature occidentali: nella Bibbia (Primo libro dei Maccabei), ad esempio, si fa esplicito riferimento ad Alessandro, mentre nel Corano il misterioso Dhu al-Qarnayn (il Bicorne o letteralmente “quello dalle due corna”) viene talvolta identificato, da alcuni, con il mitico conquistatore macedone senza però evidenze. ( Wikipedia )

 

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Aggiornato al 7 Dicembre 2023