LIBRO: Raccolta 8 x 10 di Cesare Zavattini

LA RACCOLTA 8 X 10 DI CESARE ZAVATTINI, ED. FRATELLI POZZO 1967 

Alla Pinacoteca di Brera c’è una cassa verde che contiene la collezione degli autoritratti 8 x 10 che appartenne a Cesare Zavattini. Si tratta di 152 autoritratti disegnati dai maggiori artisti italiani (salvo rarissime eccezioni) del ‘900. Acquisiti nel 2008 dal ministero per i Beni e le attività culturali, gli autoritratti zavattiniani sono il frutto di una straordinaria intuizione dell’artista luzzarese, che aveva commissionato quadri di piccole dimensioni (8 x 10 cm) realizzando la sua celebre collezione nell’arco di quarant’anni, a partire dal 1941 quando un piccolo dipinto di Campigli, donatogli dall’amico Raffaele Carrieri, gli aveva suggerito l’idea della raccolta. Zavattini iniziò a chiedere opere nel formato 8 x 10 a pittori, ma anche ad artisti e intellettuali che non si misuravano normalmente con la tavolozza, aventi per soggetto un autoritratto e un tema libero. La cosiddetta “Collezione minima” giunse ad annoverare millecinquecento pezzi, con opere di Afro, Balla, Burri, Capogrossi, Carrà, Casorati, De Chirico, Depero, De Pisis, Fontana, Guttuso, Carlo Levi, Ligabue, Mafai, Manzù, Marini, Melotti, Munari, Diego Rivera, Rosai, Savinio, Scanavino, Severini, Siqueiros, Sironi, Atanasio Soldati, Vedova e molti altri.

Cesare Zavattini

Cesare Zavattini, nato a Luzzara, un piccolo comune in provincia di Reggio Emilia, il 20 settembre del 1902, frequentò le scuole elementari dapprima a Luzzara e in seguito a Bergamo, dove conseguì la licenza ginnasiale presso il liceo ginnasio Paolo Sarpi. Proseguì gli studi ad Alatri (in provincia di Frosinone) presso il celebre liceo classico Conti Gentili; nella cittadina laziale trascorse tre anni che furono per lui «estremamente interessanti»

Dopo il liceo tornò in Emilia. Si iscrisse alla Facoltà di Legge dell’Università di Parma. La sua più grande passione fu però la scrittura: nel 1928 intraprese a Parma la carriera giornalistica. Il suo esordio giornalistico sulla Gazzetta di Parma è datato 19 agosto 1926.

Successivamente si trasferì a Milano, collaborando a vari giornali.

Negli anni trenta scrisse per la rivista romana Marc’Aurelio, tenendo una rubrica dal titolo Cinquanta righe circa. Nel 1936 fondò a Milano il Bertoldo, fortunata rivista satirica edita da Rizzoli, di cui fu anche direttore. L’anno dopo, a causa di una serie di contrasti con l’editore, passò alla concorrente Mondadori, dove assunse l’incarico di direttore editoriale (fino al 1939). Diresse il giornale umoristico Settebello, quando nel 1939 passò sotto la direzione collegiale Zavattini-Achille Campanile.

La sua attività di narratore, per lo più umoristico, satirico, ironico, aveva preso l’avvio nel 1931 con l’opera Parliamo tanto di me, che riscosse uno straordinario successo. Scrittore non sempre facile da inquadrare nelle “correnti” del Novecento, autore fortemente critico verso la società, osservata tanto nei suoi aspetti dolorosi quanto in quelli umoristici, Zavattini costituì un fenomeno particolarissimo nell’ambito della letteratura italiana del Novecento. Nelle sue prime opere, dal 1931 al 1943, in un’epoca condizionata dal regime fascista, Zavattini («Za» per gli amici) presentò, in forme e contenuti inconsueti, il rapporto tra realtà e fantasia, cercando di privilegiare la prima attraverso originali mediazioni con la seconda. Oltre al libro d’esordio Parliamo tanto di me, i suoi primi e più noti lavori letterari sono stati I poveri sono matti, del 1937, Io sono il diavolo (1941), Totò il buono (1943), Straparole (1967).

Nel 1934 si avvicinò al mondo del cinema. Da quell’anno, oltre alla produzione letteraria e a quella pubblicistica, cominciò a dedicarsi con assiduità alla settima arte come soggettista e sceneggiatore. Nel 1939 incontrò Vittorio De Sica, con cui realizzò una ventina di film, tra i quali capolavori del neorealismo come Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1951), tratto dal suo romanzo Totò il buono, Umberto D. (1952).

Tra i registi del cinema italiano e internazionale con i quali Zavattini lavorò nei suoi oltre 80 film troviamo: Michelangelo Antonioni, Hall Bartlett, Alessandro Blasetti, Mauro Bolognini, Mario Camerini, René Clément, Giuseppe De Santis, Federico Fellini, Pietro Germi, Alberto Lattuada, Mario Monicelli, Elio Petri, Dino Risi, Roberto Rossellini, Mario Soldati, Luchino Visconti, Damiano Damiani in L’isola di Arturo (1962).

Nel 1952 realizzò un progetto con il celebre fotografo statunitense Paul Strand. L’idea era quella di raccontare la vita quotidiana di un paese italiano come specchio dello spirito di un popolo. L’opera fu edita nel 1955 da Einaudi con il titolo Un paese. È considerata uno dei classici della storia della fotografia in Italia. ( Wikipedia )

Collezionista d’arte, si era specializzato nella raccolta di mini-quadri (quadre di dimensioni 8 x 10 cm.) ma anche nell’organizzazione di raccolte per altri: ad esempio la Collezione “50 pittori per Roma” promossa per il produttore Caramelli, o la Collezione “I Miti Moderni (o del Dopoguerra)” per Vittorio De Sica oppure, ancora, la Collezione “Isa Miranda”.

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LIBRO: Messina e Reggio Calabria prima e dopo il terremoto del 1908

MESSINA E REGGIO PRIMA E DOPO IL TERREMOTO DEL 28 DICEMBRE 1908

Lunedì 28 dicembre 1908 un terremoto di 7.1 Mw (XI Mercalli) si abbatté violentemente sullo Stretto, colpendo Messina e Reggio in tarda nottata ( 5:20 ora locale circa ). Uno dei più potenti sismi della storia italiana aveva quindi colto la regione nel sonno, interrotto tutte le vie di comunicazione (strade, ferrovie per Palermo e Siracusa, tranvie per Giampilieri e Barcellona, telegrafo, telefono), danneggiato i cavi elettrici e le tubazioni del gas, e sospeso così l’illuminazione stradale fino a Villa San Giovanni e a Palmi. Con lo strascico di un maremoto, l’evento devastò particolarmente Messina, causando il crollo del 90% degli edifici.

Una recente tesi sostiene che in realtà il maremoto successivo al terremoto sia stato causato da una frana sottomarina e non direttamente dal sisma, frana da posizionarsi, sempre secondo gli stessi studi, tra lo specchio d’acqua di fronte a Giardini Naxos e quello prospiciente il quartiere “Pozzo Lazzaro” di Santa Teresa di Riva.

La relazione al Senato del Regno – datata 1909 – sul terremoto di Messina e Reggio così recita: «Un attimo della potenza degli elementi ha flagellato due nobilissime province – nobilissime e care – abbattendo molti secoli di opere e di civiltà. Non è soltanto una sventura della gente italiana; è una sventura della umanità, sicché il grido pietoso scoppiava al di qua e al di là delle Alpi e dei mari, fondendo e confondendo, in una gara di sacrificio e di fratellanza, ogni persona, ogni classe, ogni nazionalità. È la pietà dei vivi che tenta la rivincita dell’umanità sulle violenze della terra. Forse non è ancor completo, nei nostri intelletti, il terribile quadro, né preciso il concetto della grande sventura, né ancor siamo in grado di misurare le proporzioni dell’abisso, dal cui fondo spaventoso vogliamo risorgere. Sappiamo che il danno è immenso, e che grandi e immediate provvidenze sono necessarie».

I siciliani e i calabresi vennero immediatamente soccorsi, martedì 29, da navi russe e britanniche che erano alla fonda a Siracusa e ad Augusta, mentre gli aiuti italiani arrivarono poco dopo, nella mattinata del 29 dicembre. Il ritardo fu causato dal fatto che i piroscafi partirono da Napoli, e in tarda serata, subito dopo che le reali notizie sulla catastrofe arrivarono al Governo.

Il futuro premio Nobel per la letteratura Salvatore Quasimodo ( che all’epoca aveva 7 anni ) si trasferì a Messina tre giorni dopo il terremoto, perché il padre capostazione fu chiamato a dirigere il traffico ferroviario lì. Per mesi visse su due vagoni merci, e successivamente rievocò l’esperienza nella poesia Al Padre.

Messina, che all’epoca contava circa 140.000 abitanti, ne perse circa 80.000 e Reggio Calabria registrò circa 15.000 morti su una popolazione di 45.000 abitanti. Secondo altre stime si raggiunse la cifra di 120.000 vittime, 80.000 in Sicilia e 40.000 in Calabria. Altissimo fu il numero dei feriti e catastrofici furono i danni materiali. Le scosse di assestamento si ripeterono con frequenza nelle giornate successive e fin quasi alla fine del mese di marzo 1909. ( Wikipedia )

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