BESTSELLER: Wuhan-400, un’arma letale di Dean Koontz

THE EYES OF DARKNESS

The eyes of darkness è stato pubblicato nel 1981 a firma di Dean Koontz, autore statunitense di numerosi bestseller. Le pagine originali di diverse copie cartacee stanno circolando online in foto con le sottolineature a pagina 333. “Wuhan-400 è un’arma letale (…) intorno al 2020 una grave polmonite si diffonderà in tutto il mondo (…) in grado di resistere a tutte le cure conosciute”, c’è scritto. Pochi paragrafi più sopra ed ecco l’origine del Wuhan-400 che ricorda paurosamente quello che sembra essere accaduto recentemente in Cina: “Uno scienziato cinese di nome Li Chen fuggì negli Stati Uniti, portando una copia su dischetto dell’arma biologica cinese più importante e pericolosa del decennio. La chiamano ‘Wuhan-400’ perché è stata sviluppata nei loro laboratori di RDNA vicino alla città di Wuhan ed era il quattrocentesimo ceppo vitale di microorganismi creato presso quel centro di ricerca”.

Le analogie sono sconcertanti, anche se, come segnalano diverse testate cinesi, la versione dell’81 del romanzo, inedito in Italia, ha subito una variazione fondamentale. In origine il virus non era il Wuhan-400 ma il “Gorki-400”, più in linea con l’epoca di piena guerra fredda tra Usa e Urss. Solo dal 1989 in avanti, segnala il South China Morning Post, allegando una copia più recente del 1996 della pagina in questione, il virus si è trasformato in “Wuhan-400”.  ( Fonte: Il Fatto Quotidiano )

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LIBRI: Opere di Salvatore Di Giacomo

Salvatore Di Giacomo

Salvatore Di Giacomo nacque a Napoli il 12 marzo 1860, figlio primogenito di Francesco Saverio Di Giacomo, medico abruzzese, e Patrizia Buongiorno, il cui padre insegnava al Conservatorio di San Pietro a Maiella. Dopo aver conseguito la licenza liceale presso il Vittorio Emanuele, frequentò per volere del padre la facoltà di Medicina. Di Giacomo non aveva alcun interesse per gli studi cui era stato indirizzato, tanto che nell’ottobre 1880 abbandonò l’università in seguito a un celebre episodio che egli stesso descrisse sei anni più tardi.

Un giorno, recatosi ad assistere a una lezione di anatomia, rimase nauseato alla vista del cadavere di un vecchio, sul cui volto il professore aveva tracciato «cinque o sei linee di demarcazione», in modo da spiegare la composizione del cranio. Corso fuori dall’aula, si trovò suo malgrado protagonista di una scena raccapricciante. Il bidello, che scendeva portando in una tinozza membra umane, scivolò riversando il macabro contenuto, mentre il giovane si diede alla fuga, abbandonando l’edificio di Sant’Aniello a Caponapoli e il percorso accademico.

Di Giacomo si sentiva attratto dalla letteratura e dalla critica letteraria.

L’esordio dell’autore risale al 1882, quando la casa editrice Ricordi lo mise sotto contratto e fece pubblicare Nannì e E ghiammoncenne me’. Alcuni suoi versi del 1885, non particolarmente amati dall’autore (tanto da non essere inseriti nelle raccolte da lui curate personalmente), sono stati musicati dal compositore abruzzese Francesco Paolo Tosti per quella che resta una delle più famose canzoni in lingua napoletana, Marechiaro, e dal musicista tarantino-napoletano Mario Pasquale Costa di cui ricordiamo anche Era de maggio, in cui due giovani innamorati ricordano il loro primo incontro: a maggio, in un giardino profumato di rose. C’è poi Luna Nova e la spensierata Oilì oilà che irritò i benpensanti milanesi che non si sapevano spiegare il motivo di tanta ilarità in una città appena colpita da gravi epidemie.

Marechiaro si rivelò un ritratto per questo villaggio tra le rocce di Posillipo, nel quale Di Giacomo immaginò una bella ragazza, di nome Carolina, che si affaccia da una finestra ricca di piante di garofano. Sempre nello stesso anno Di Giacomo e Costa produssero un altro successo, la canzone appassionata Oje Carulì. Nel 1888 pubblicò la scanzonata Lariulà e scrisse la celeberrima ‘E spingule francese, musicata da Enrico De Leva, riproduzione quasi integrale di un canto popolare di Pomigliano d’Arco.

Fu anche autore di opere teatrali, tra cui Assunta Spina, probabilmente il suo dramma più noto, tratto dalla sua novella omonima, ripetutamente rappresentato e poi adattato per il cinema e per la televisione. Altra opera importante fu ‘O mese mariano, tratta dalla novella “Senza vederlo”, portata poi in televisione per l’interpretazione di Titina De Filippo. Scrisse inoltre i drammi ‘O voto, tratto dalla novella “Il voto”, A “San Francisco”, tratto dalla sua collana di sonetti omonima, e Quand l’amour meurt.

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Libri & Letture

LIBRI: Caccia & Bombardieri 1a e 2a Guerra Mondiale

CACCIA E BOMBARDIERI 2a GUERRA MONDIALE, CACCIA 1a GUERRA MONDIALE

L’impiego operativo dell’aereo come fattore preponderante di superiorità nei conflitti fu teorizzato dall’italiano Giulio Douhet, che in un suo scritto del 1909 sottolineò per la prima volta che il dominio bellico dell’aria sarebbe stato altrettanto importante di quello delle rotte marittime[8]. Seguendo gli studi di Dohuet, nel 1911 gli italiani in Libia utilizzarono per primi la nuova arma come mezzo di ricognizione e di offesa durante la Guerra italo-turca[4] In particolare, il 23 ottobre il capitano Carlo Maria Piazza fu l’autore della prima ricognizione tattica, mentre il 1º novembre il sottotenente Giulio Gavotti eseguì da un velivolo il primo bombardamento a mano della storia a bassa quota, su di un accampamento turco ad Ain Zara, lanciando tre bombe a mano.

Lo scoppio della prima guerra mondiale fu senza dubbio un potente stimolo allo sviluppo militare del nuovo mezzo aereo, anche se inizialmente vi furono forti resistenze alla sua adozione. Persino figure di grande rilievo nel conflitto, come Ferdinand Foch, affermarono a tal proposito che “l’aviazione è un ottimo sport, ma è completamente inutile per i fini dell’esercito”

Il Barone Rosso

Un cambio di regime della guerra aerea fu segnato dalla morte di Boelcke in una collisione con un altro aereo pilotato da Erwin Böhme il 28 ottobre 1916, e dalla salita agli onori delle cronache di un suo protetto, il barone Manfred von Richthofen. Il giovane pilota abbatté in combattimento l’asso inglese Lanoe Hawker, e per celebrare la vittoria, dipinse il suo Albatros interamente di rosso, dando così inizio alla leggenda del “Barone Rosso”

Quello che per i francesi era le diable rouge e per gli inglesi the Red Baron, Manfred von Richthofen nacque il 2 maggio 1892 a Breslavia, allora capitale della Slesia, nel Regno di Prussia ( ora in Polonia), sotto il regno del Kaiser Guglielmo II. Era il secondo figlio (dopo la sorella Elisabeth “Ilse”  della nobildonna Kunigunde von Schickfus und Neurdoff e del barone Rittmeister Albrecht Philip Karl Julius von Richtofen (1859-1920), ufficiale di fanteria arruolato nel Leib-Kürassier-Regiment di base a Breslavia, dove nacque anche il fratello di Manfred, Lothar von Richthofen, che a sua volta sarebbe divenuto aviatore. Ancora bambino, Manfred si trasferì con la famiglia a Schweidnitz (oggi Swidnica, in Polonia). In gioventù praticò caccia ed equitazione. Completò l’addestramento alla scuola per cadetti di Wahlstatt, e in seguito fu addestrato nella Reale Accademia militare prussiana a Groß-Lichterfelde, dalla quale uscì nella primavera del 1911[5]. Assegnato come alfiere al 1º Reggimento Ulani “Imperatore Alessandro III” a Ostrovo, a pochi chilometri dalla frontiera russa, nel 1912 fu nominato sottotenente.

Nel maggio del 1915 fu accolta la sua domanda d’entrare nella Luftstreitkräfte, l’aviazione tedesca: superato l’addestramento a Großenhain, ai primi di giugno venne destinato al 7º Reparto Complementi dell’aviazione di Colonia per un corso osservatori.

L’appellativo di Barone Rosso gli venne appunto dal fatto che molti degli aerei da lui pilotati, a partire dall’Albatros D.III, erano completamente dipinti di rosso.

In poco più di due anni di servizio nell’Aviazione imperiale tedesca era diventato l’ “asso degli assi” con 80 vittorie aeree confermate. Dopo la guerra sarà riconosciuto come il simbolo universale dei combattimenti nei cieli, imbevuti di cavalleria e di quel romanticismo tipico dell’alto lignaggio di molti aviatori di un secolo fa.

La mattina del 21 aprile 1918 Manfred Von Richthofen si alzerà in volo per l’ultima volta. Nel cielo di Vaux-sur-Somme ingaggiò un combattimento con una formazione britannica sopra la linea del fronte. Il Barone Rosso era sceso in picchiata per inseguire a volo radente un caccia nemico quando fu fatto bersaglio da terra degli artiglieri australiani. Quando il Fokker rosso si schiantò nei campi, il mito dell’aviazione militare era già morto, trapassato da un proiettile in pieno petto. ( Wikipedia )

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