LIBRI: Storia della Filosofia Moderna di Ernst Cassirer

E. CASSIRER, STORIA DELLA FILOSOFIA MODERNA, EINAUDI

Nel 1906 Ernst Cassirer conseguì l’abilitazione all’Università di Berlino, dove fu a lungo libero docente. A causa delle sue origini ebraiche ottenne solo nel 1919 una cattedra nella neofondata Università di Amburgo, di cui divenne più tardi rettore (1929-30), e dove fu per altro supervisore delle tesi di dottorato di Leo Strauss e Joachim Ritter.

Con l’avvento del nazismo nel 1933 dovette lasciare la Germania, insegnò a Oxford dal 1933 al 1935 e fu professore a Göteborg dal 1935 al 1941. In quegli anni fu naturalizzato svedese ma, ritenendo ormai anche la neutrale Svezia poco sicura, si recò negli Stati Uniti d’America, dove fu visiting professor nell’Università di Yale, nel New Haven, dal 1941 al 1943 e docente alla Columbia University, New York dal 1943 fino alla morte (1945).

Cassirer, il neokantismo e la filosofia delle forme simboliche

Nel Novecento il filosofo neokantiano Ernst Cassirer (1874-1945) propone la filosofia delle forme simboliche: pensiero e linguaggio rendono l’uomo animale razionale e simbolico; l’uomo produce cultura esprimendo le costruzioni di ragione e pensiero in linguaggio e simboli.

Il riconoscimento della realtà come costruzione del pensiero si è storicamente accompagnato al superamento del concetto-sostanza e all’affermazione del concetto-funzione: il passaggio dal sostanzialismo al funzionalismo si è filosoficamente espresso nello a priori costitutivo oggettivo del criticismo trascendentale di Immanuel Kant; come filosofia delle forme simboliche il neokantismo di E. Cassirer considera la costituzione della dimensione oggettiva non solo nella conoscenza e scienza ma nel complesso dell’esperienza dell’uomo come produttore dell’universo simbolico della cultura.

La umana costituzione della realtà oggettiva si esprime nel carattere non sostanziale ma funzionale o relazionale del simbolo: il linguaggio non riveste il pensiero rispecchiando le cose in sé: i simboli definiscono i rapporti tra le cose del nostro mondo strutturando i concetti oggettivi: come struttura simbolica il concetto oggettivo non ricalca la sostanza assoluta o essenza reale del mondo ma lega i fenomeni negli insiemi fattuali; in quanto lega, è relazionale e stabilisce dipendenza tra gli elementi fenomenici il concetto oggettivo è così per Cassirer funzione.

Come strutture simboliche funzionali o relazionali costitutive della realtà i concetti oggettivi di Cassirer corrispondono alle forme pure a priori di I. Kant: per Cassirer tutto il pensiero umano è il dominio delle forme simboliche: come strutture funzionali concettuali oggettive le forme simboliche combinano linguaggio e teoria e ordinano il caos materiale delle sensazioni nel cosmo degli invarianti della nostra mutevole esperienza delle cose.

Come strutture funzionali o relazionali che costituiscono la realtà oggettiva definendo gli invarianti del mondo della nostra esperienza le forme simboliche sono i presupposti, le premesse, le condizioni del sapere: in quanto oggettiva la cultura richiede l’ordinamento dei fenomeni secondo il linguaggio simbolico del pensiero umano; la percezione sensibile è così per Cassirer kantianamente resa conoscenza e scienza dai principi costitutivi del concetto relazionale matematico fattuale di oggetto fisico.

Il neokantismo di Cassirer si esprime nell’estensione e nel riconoscimento della storicità delle forme simboliche come principi funzionali o relazionali logico-matematici e fattuali costitutivi della oggettività: come pensiero e linguaggio, coscienza e comunicazione, spirito ed espressione l’uomo passa dalla natura biologica alla civiltà sociale con le forme simboliche, costitutive del sapere e della cultura umana come universo simbolico teorico e pratico; nello sviluppo culturale i mondi simbolici sono dall’uomo costruiti secondo le successive forme simboliche nel tempo e nella storia elaborate dal pensiero umano nella scienza e nell’arte come nella religione e nel mito. ( Tratto da Luccacini – Liceisgv.gov.it )

 

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Aggiornato al 29 Novembre 2023

 

LIBRO: Marcel Proust: Il Piacere della Lettura

Marcel Proust

Proust, che scrisse la Ricerca nel suo letto di grande malato, traccia la famosa teoria di lettura come forma di terapia: “E’ noto che, in alcuni disturbi del sistema nervoso, il malato, senza che alcuno dei suoi organi sia colpito, si insabbia in una sorta di impossibilità di volere, come in un solco profondo, da cui non può trarsi da solo e in cui finirebbe per deperire se non gli venisse teso il soccorso di una mano forte”. Il soccorso, cioè l’intervento del medico, la terapia, che, come una forza estranea amica, lo aiutano a ritrovare la sua forza: “questo impulso che lo spirito pigro non può trovare in sé stesso, deve venirgli da un altro”. E deve arrivare in perfetta solitudine, perché “al di fuori della solitudine non può avere luogo quella attività creatrice che per l’appunto è necessario risuscitare in lui”. Non una solitudine assoluta però, perché non è la solitudine in sé la funzione oggettivamente favorevole alla rinascita, ma la condizione ideale per accogliere “la sola disciplina che possa esercitare un influsso favorevole su spiriti come questi: la lettura”. La lettura, come la terapia, è un aiuto potente per scendere nelle profondità di quelle zone segrete, altrimenti inaccessibili del nostro animo dove si nasconde “la verità”. Ma attenzione, avverte Proust, la lettura è un impulso, una macchina, non possiamo pretendere di sostituirla alla nostra creatività. La lettura non è la verità. Tutto avviene in noi, tutto è governato dalla nostra forza, la lettura “si limita a restituirci l’uso della nostra attività personale, come lo psicoterapeuta si limita a restituire al malato la volontà di servirsi dello stomaco, delle gambe, del cervello, rimasti intatti”. Diventerebbe pericoloso caricarla di potenzialità che non sono sue, per giustificare il depotenziamento di noi stessi. Proust sembra avvertire i bibliofili, coloro che cercano risposte definitive nei libri, che li adorano come oggetti sacri: la verità non è nei libri come strumenti di devozione, ma unicamente in noi stessi.
La lettura come terapia, ma anche come forma di amicizia. Un’amicizia “pura” in qualche modo. In tutta l’opera di Proust serpeggia un pessimismo atroce nei confronti dei rapporti umani, l’amicizia, l’amore. E’ tutto un dare e un avere, un nascondere, un mimetismo interessato, un’ossessione, una gelosia morbosa, una sfiducia. L’altro, o l’altra, appartiene a un universo sconosciuto, inconoscibile, e ogni tentativo di svelare questo mistero è destinato al fallimento. Per molti la Ricerca è una vera e propria discesa agli inferi, la mortificazione di se stessi nello sforzo estremo, inutile, di amare per essere amati. Ma, se “l’amicizia è una cosa frivola (…) la lettura è quanto meno un’amicizia libera da tutte le caratteristiche che rendono sgradevoli le altre”. Con la lettura possiamo risparmiarci tutti quegli scambi di cortesie, gli ammiccamenti, la deferenza, la gratitudine, “ai quali mescoliamo tante menzogne”. Nella lettura l’amicizia viene restituita alla sua purezza primitiva. “Coi libri, non sono necessarie cortesie (…) tutti i turbamenti dell’amicizia svaniscono sulla soglia di quell’amicizia pura e calma che è la lettura”.
La lettura dunque è un’amicizia immateriale, come la verità di cui favorisce la conoscenza. Ma cos’è la verità? Possiamo definirla? Conosciamo altri elementi, oltre al fatto che si annida nelle profondità segrete nel nostro animo ? ( Tratto da La Poesia e Lo Spirito di  Mauro Baldrati )

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Aggiornato al 5 Gennaio 2024