LIBRO: Kandinsky

KANDINSKY, a cura di C.BENINCASA, EDIZIONI STET, 1992

Vassily Kandinsky, nato il 16 dicembre 1866 (4 dicembre O.S.) a Mosca, era figlio di Lidija Tičeeva (1840-1910) e Vasilij Silvestrovič Kandinskij (1832-1926), ricco commerciante di tè. Nel 1870 la famiglia si trasferì a Monaco di Baviera. L’anno successivo i suoi genitori divorziano e il piccolo Vasilij si trasferisce ad Odessa a casa della zia Elizaveta Tičeeva dove riceve le prime nozioni di disegno, dopo che da bambino, durante un viaggio a Venezia con i genitori, si innamorò delle luci notturne della città. Con lei imparò anche a suonare il violoncello, con il quale suonò nell’orchestra della scuola e proseguì con un maestro di disegno le lezioni di pittura. Dal 1886 al 1889 studia legge a Mosca. Nel 1892 si laurea, e nello stesso anno si decide a sposare la cugina Anja Čimiakin, che aveva conosciuto all’Università di Mosca e con la quale aveva stabilito un rapporto di grande intesa e affinità intellettuale. Nel 1896 rifiuta un posto di docente all’Università di Dorpat in Estonia, per studiare arte presso l’Akademie der Bildenden Künste di Monaco di Baviera dove è allievo di Franz von Stuck. Si stabilisce nel quartiere di Schwabing, in seno a una grande comunità di artisti, rivoluzionari russi, musicisti, scrittori e persone creative in generale.

Kandinskij, nelle sue opere, espone le sue teorie sull’uso del colore, intravedendo un nesso strettissimo tra opera d’arte e dimensione spirituale. Il colore può avere due possibili effetti sullo spettatore: un “effetto fisico”, superficiale e basato su sensazioni momentanee, determinato dalla registrazione da parte della retina di un colore piuttosto che di un altro; un “effetto psichico” dovuto alla vibrazione spirituale (prodotta dalla forza psichica dell’uomo) attraverso cui il colore raggiunge l’anima. Esso può essere diretto o verificarsi per associazione con gli altri sensi. L’effetto psichico del colore è determinato dalle sue qualità sensibili: il colore ha un odore, un sapore, un suono.

Perciò il rosso, ad esempio, risveglia in noi l’emozione del dolore, non per un’associazione di idee (rosso-sangue-dolore), ma per le sue proprie caratteristiche, per il suo “suono interiore”. Kandinskij utilizza una metafora musicale per spiegare quest’effetto: il colore è il tasto, l’occhio è il martelletto, l’anima è un pianoforte con molte corde. Il colore può essere caldo o freddo, chiaro o scuro. Questi quattro “suoni” principali possono essere combinati tra loro: caldo-chiaro, caldo-scuro, freddo-chiaro, freddo-scuro. Il punto di riferimento per i colori caldi è il giallo, quello dei colori freddi è l’azzurro.

Alle polarità caldo-freddo Kandinskij attribuisce un doppio movimento: uno “orizzontale” ed uno “radiante”. Il giallo è dotato di un movimento radiante che lo fa avanzare verso lo spettatore rispetto al piano in cui è fisicamente, inoltre è dotato di un movimento eccentrico-centrifugo perché si allarga verso l’esterno, abbaglia, respinge. L’azzurro è dotato di un movimento orizzontale che lo fa indietreggiare dallo spettatore ed è dotato di un movimento concentrico-centripeto perché si avvolge su sé stesso, esso creando un effetto di immersione attira lo spettatore. Kandinskij, sempre in base alla teoria secondo la quale il movimento del colore è una vibrazione che tocca le corde dell’interiorità, descrive i colori in base alle sensazioni e alle emozioni che suscitano nello spettatore, paragonandoli a strumenti musicali.

Egli si occupa dei colori primari (giallo, blu, rosso) e poi di colori secondari (arancione, verde, viola), ciascuno dei quali è frutto della mescolanza tra due primari. Analizzerà anche le proprietà di marrone, grigio, bianco e nero.

Il giallo è dotato di una follia vitale, prorompente, di un’irrazionalità cieca; viene paragonato al suono di una tromba, di una fanfara. Il giallo indica anche eccitazione quindi può essere accostato spesso al rosso ma si differenzia da quest’ultimo.
L’azzurro è il blu che tende ai toni più chiari, è indifferente, distante, come un cielo artistico; è paragonabile al suono di un flauto. Inoltre il blu scuro viene paragonato al suono di un organo. Il blu è il colore del cielo, è profondo; quando è intenso suggerisce quiete, quando tende al nero è fortemente drammatico, quando tende ai toni più chiari le sue qualità sono simili a quelle dell’azzurro, se viene mischiato con il giallo lo rende malto, ed è come se la follia del giallo divenisse “ipocondria”. In genere è associato al suono del violoncello.
Il rosso è caldo, vitale, vivace, irrequieto ma diverso dal giallo, perché non ha la sua superficialità. L’energia del rosso è consapevole, può essere canalizzata. Più è chiaro e tendente al giallo, più ha vitalità, energia. Il rosso medio è profondo, il rosso scuro è più meditativo. È paragonato al suono di una tuba.
L’arancione esprime energia, movimento, e più è vicino alle tonalità del giallo, più è superficiale; è paragonabile al suono di una campana o di un contralto.
Il verde è assoluta immobilità in una assoluta quiete, fa annoiare, suggerisce opulenza, compiacimento, è una quiete appagata, appena vira verso il giallo acquista energia, giocosità. Con il blu diventa pensieroso, attivo. Ha i toni ampi, caldi, semigravi del violino.

Il viola, come l’arancione, è instabile ed è molto difficile utilizzarlo nella fascia intermedia tra rosso e blu. È paragonabile al corno inglese, alla zampogna, al fagotto.
Il marrone si ottiene mischiando il nero con il rosso, ma essendo l’energia di quest’ultimo fortemente sorvegliata, ne consegue che esso risulti ottuso, duro, poco dinamico.
Il grigio è l’equivalente del verde, ugualmente statico, indica quiete, ma mentre nel verde è presente, seppur paralizzata, l’energia del giallo che lo fa variare verso tonalità più chiare o più fredde facendogli recuperare vibrazione, nel grigio c’è assoluta mancanza di movimento, che esso volga verso il bianco o verso il nero.
Il bianco è dato dalla somma (convenzionale) di tutti i colori dell’iride, ma è un mondo in cui tutti questi colori sono scomparsi, di fatto è un muro di silenzio assoluto, interiormente lo sentiamo come un non-suono. Tuttavia è un silenzio di nascita, ricco di potenzialità; è la pausa tra una battuta e l’altra di un’esecuzione musicale, che prelude ad altri suoni.
Il nero è mancanza di luce, è un non-colore, è spento come un rogo arso completamente. È un silenzio di morte; è la pausa finale di un’esecuzione musicale, tuttavia a differenza del bianco (in cui il colore che vi è già contenuto è flebile) fa risaltare qualsiasi colore. ( Wikipedia )

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Aggiornato al 5 Gennaio 2024