LIBRO: Popolo Nazione Stato di Sergio Panunzio

SERGIO PANUNZIO, POPOLO, NAZIONE, STATO, LA NUOVA ITALIA, 1933

Sergio Panunzio nacque a Molfetta da Vito e Giuseppina Poli nel 1886, in una famiglia altoborghese, tra le più illustri della città: «un ambiente familiare intriso tanto di sollecitazioni all’impegno civile e politico quanto di suggestioni e stimoli intellettuali»

Il suo impegno politico nelle file del socialismo incominciò molto presto, quando ancora frequentava il liceo classico locale, ove ebbe come maestro il giovane Pantaleo Carabellese.

Nel dibattito interno al socialismo italiano — diviso tra “riformisti” e “rivoluzionari” — Panunzio si schierò tra i cosiddetti sindacalisti rivoluzionari, cominciando al contempo a pubblicare i suoi primi articoli sul settimanale «Avanguardia Socialista» di Arturo Labriola, quando era ancora studente dell’Università degli Studi di Napoli. Durante i suoi studi universitari il contatto con docenti come Francesco Saverio Nitti, Napoleone Colajanni, Igino Petrone e Giuseppe Salvioli contribuì alla formazione del suo pensiero socialista. Il suo percorso intellettuale fu altresì influenzato da Georges Sorel e Francesco Saverio Merlino, i quali avevano già da tempo incominciato un processo di revisione del marxismo.

Nel 1907 pubblica il suo primo studio, intitolato Il socialismo giuridico, in cui teorizza l’opposizione alla borghesia solidarista e al sindacato riformista da parte del sindacato operaio, il quale è destinato a trasformare radicalmente la società. Il fulcro dell’opera era costituito dalla formulazione di un “diritto sindacale operaio”, spina dorsale di un nuovo “sistema socialista” fondato non su una base economica, bensì su una base etica, solidaristica:

«Il socialismo giuridico non sarebbe dunque che l’applicazione del principio di solidarietà, immanente in tutto l’universo, nel campo del diritto e della morale: in se stesso non è una idea astratta balzata ex abrupto dal cervello di pochi pensatori, ma efflusso e irradiazione ideale di tutta la materia sociale che vive e freme attorno a noi»

La concezione panunziana del sindacato quale organo e fonte di diritto — non eusarentesi quindi in mero organismo economico o tecnico della produzione — fu approfondita nel 1909, allorché vide la luce la sua seconda opera, La persistenza del diritto, in cui egli «coniugava i princìpi della sua formazione positivistica con una ispirazione filosofica volontaristica». Panunzio prendeva quindi le mosse affrontando il problema del rapporto tra sindacalismo e anarchismo: la differenza tra i due movimenti risiedeva — a detta dell’autore — sul ruolo dell’autorità (fondata sul diritto) che, negata dall’anarchismo, non era invece trascurata dal sindacalismo:

«Il sindacalismo è d’accordo con l’anarchia nella critica e nella tendenza distruttiva dello Stato politico attuale, ma non porta alle ultime conseguenze le sue premesse antiautoritarie, che hanno un riferimento tutto contingente allo Stato presente. Il sindacalismo, per essere precisi, è antistatale per definizione e consenso unanime, ma non è antiautoritario. Le premesse antiautoritarie dell’anarchia hanno invece un valore assoluto e perentorio riferendosi esse a ogni forma di organizzazione sociale e politica. Il sindacalismo non è dunque antiautoritario»

In sostanza, Panunzio sosteneva l’importanza fondamentale del diritto (ancorché non “statale”, ma “operaio”) per il sindacalismo e la futura società, dall’autore vagheggiata come un regime sindacalista federale sostenuto dall’autogoverno dei gruppi sindacali, riuniti in una Confederazione, così da formare quella che l’autore stesso chiama «una vera grande Repubblica sociale del Lavoro», retta da una «sovranità politica sindacale».

Nel 1910, fu poi dato alle stampe Sindacalismo e Medio Evo, in cui l’autore indicava al sindacalismo operaio il modello dei Comuni italiani medievali, esempio paradigmatico di autonomia, la quale doveva essere perseguita anche dai sindacati contemporanei.

Dopo un periodo difficile, dovuto a problemi familiari ma anche a un ripensamento delle sue teorie politiche, nel 1912, grazie all’interessamento di Nitti, abbandonò l’attività di avvocato, inadeguata per mantenere la famiglia (aiutava principalmente — raramente pagato — i suoi compagni di partito), divenendo docente di pedagogia e morale presso la Regia scuola normale di Casale Monferrato. Nello stesso anno pubblicò inoltre la sua importante opera. Il Diritto e l’Autorità, in cui erano messe a frutto le sue rielaborazioni teoriche: oltre al passaggio da un orizzonte positivistico a una concezione filosofica neocriticistica, egli ripensava lo Stato non più quale organo della coazione, ma quale depositario della necessaria autorità. Il 1912 è un anno per lui importante anche perché, con la fine della guerra libica, cominciò a prender corpo la svolta “nazionale” del suo pensiero.

Dopo aver insegnato per un anno a Casale Monferrato e un altro a Urbino, nel 1914 passò alla Regia scuola normale “Giosuè Carducci” di Ferrara, ove insegnò sino al 1924, conseguendo al contempo la libera docenza presso l’Università di Napoli (l’anno successivo gli fu trasferita nell’ateneo bolognese). È di quegli anni — poco prima dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra — l’inizio di stretti rapporti politici e intellettuali con Benito Mussolini, direttore dell’«Avanti!» e leader dell’ala rivoluzionaria del Partito Socialista Italiano. Panunzio incominciò dunque una regolare e intensa collaborazione con il quindicinale «Utopia», appena fondato dal futuro capo del fascismo per far esprimere le voci più rivoluzionarie, eterodosse ed “eretiche” dell’ambiente socialistico italiano. In questo periodo Panunzio comprende il potenziale rivoluzionario che il conflitto europeo poteva esprimere, sicché manifesterà sempre più esplicitamente il suo appoggio all’interventismo, che era invece inviso al Partito Socialista:

«Io sono fermamente convinto che solo dalla presente guerra, e quanto più questa sarà acuta e lunga, scatterà rivoluzionariamente il socialismo in Europa. Altro che assentarsi, piegarsi le braccia, e contemplare i tronconi morti delle verità astratte! (…). Alle guerre esterne dovranno succedere le interne, le prime devono preparare le seconde, e tutte insieme la grande luminosa giornata del socialismo, che sarà la soluzione e la purificazione ideale di queste giornate livide e paurose, macchiate di misfatti e di infamie» Sergio Panunzio  ( Wikipedia )

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Aggiornato al 28 Gennaio 2024